Imposte

Professionisti, Irpef a carico sul compenso riversato allo studio

La risposta a interpello 489: emolumenti da docenze tassati sull'associato anche se sono devoluti

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di Alessandra Caputo

I compensi percepiti personalmente dal professionista associato devono essere assoggettati ad Irpef da quest'ultimo, anche nel caso in cui sia previsto il riversamento alla società. Lo ha chiarito la risposta a interpello 489 dell’agenzia delle Entrate del 20 luglio.
Il caso analizzato era quello di un dottore commercialista, socio di uno studio costituito nella forma di una associazione senza personalità giuridica, che aveva stipulato un contratto di docenza con un istituto universitario estero e che aveva personalmente percepito il relativo compenso.

L'istanza veniva presentata al fine di individuare il corretto trattamento fiscale cui assoggettare tale compenso tenendo conto che il professionista, per espressa previsione statutaria, era tenuto a riversare interamente allo studio associato tutti i compensi da lui percepiti. Per tale motivo, l'istante riteneva di non dover tassare il compenso.

Sul piano fiscale è utile ricordare che l'articolo 5 del Tuir equipara le associazioni senza personalità giuridica alle società semplici; i redditi conseguiti vengono, quindi, determinati in capo all'associazione professionale e, in applicazione del principio di tassazione per trasparenza, imputati ai soci indipendentemente dall'effettiva distribuzione ed in proporzione alle quote di partecipazione agli utili.

Nell'ambito di queste associazioni, l'assistenza al contribuente viene svolta dal singolo professionista, mentre la fattura viene emessa dallo studio, titolare di un proprio codice fiscale e partita Iva.

I compensi percepiti dall'associazione a loro volta sono soggetti alla ritenuta d'acconto se corrisposti da un sostituto e le ritenute subite dall'associazione vengono attribuite agli associati con lo stesso criterio di ripartizione degli utili. Nel caso analizzato, l'associato stipulava un contratto per una prestazione di docenza nel quale venivano individuati, oltre agli obblighi circa la prestazione lavorativa, anche alcune obbligazioni collaterali tra cui il rispetto delle politiche religiose estere, dell'etica, delle usanze dello Sato estero nonché l'obbligo di aprire un conto corrente a nome del percettore nello Stato estero per l'erogazione del compenso.

A parere dell'ufficio, la previsione di queste clausole qualificava la prestazione come personale e riferibile unicamente all'istante e non, invece, come prestazione resa dallo studio associato. Di conseguenza, il compenso percepito doveva essere configurato come un reddito assimilato a lavoro dipendente assoggettato ad Irpef, mentre l'obbligo di riversamento allo studio assumeva rilievo esclusivamente nei rapporti interni tra l'istante e lo studio professionale.

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