Controlli e liti

Reati fiscali, stretta sulla data del pagamento per sanare

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di Antonio Iorio

I contribuenti che hanno procedimenti in corso al 22 ottobre 2015 ( entrata in vigore delle modifiche al regime penale tributario), per i reati di omesso versamento e indebite compensazioni, possono avvalersi della causa di non punibilità pagando integralmente l’imposta, solo se il versamento sia avvenuto per intero prima della prima data utile per chiedere l’applicazione di tale causa e non fino al passaggio in giudicato della sentenza. È questa l’interpretazione della Corte di Cassazione, sezione III penale, con la sentenza n. 30139 depositata ieri che rivisita il precedente orientamento.

La questione

In base alle previsioni inserite dal Dlgs 158/2015 nell’articolo 13 del Dlgs 74/2000, dal 22 ottobre 2015, i reati di omesso versamento (Iva e ritenute) e di indebita compensazione di crediti non spettanti, non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario, comprese sanzioni e interessi, sia estinto con l’integrale pagamento del dovuto.

Qualora, poi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, il debito sia in fase di rateizzazione, è dato un termine di 3 mesi per il pagamento del residuo ed il giudice ha la facoltà di concedere una proroga di ulteriori 3 mesi. In passato, invece, l’integrale pagamento del debito tributario, sempre prima dell’apertura del dibattimento, costituiva una causa attenuante della pena (riduzione fino a un terzo).

La Cassazione

Con le sentenze n. 40314/2016 e 11417/2017 (si veda Il Sole 24 Ore del 10 marzo 2017) la Suprema Corte, in sintesi, pur indicando nella dichiarazione di apertura del dibattimento il limite di rilevanza della causa estintiva, aveva ritenuto operante, nei procedimenti in corso al 22 ottobre 2015, la causa di non punibilità anche nei casi in cui fosse stata superata la preclusione procedimentale.

In questi casi, secondo tale orientamento, il pagamento eseguito dopo l’apertura del dibattimento, purché prima del giudicato, assumeva la medesima efficacia estintiva. Ciò anche in applicazione del principio di uguaglianza che vieta trattamenti differenti per situazioni uguali.

La nuova interpretazione

Nella sentenza di ieri la Suprema Corte ha espressamente rivisitato la precedente interpretazione. Così, secondo i giudici di legittimità, proprio per evitare una prospettabile violazione dell’articolo 3 della Costituzione per irragionevole disparità di trattamento, il limite temporale normativamente previsto (prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado) deve essere interpretato nel senso che la causa di non punibilità opera laddove il pagamento integrale sia avvenuto prima della prima data utile per chiedere l’applicazione di detta causa a seguito della modifica normativa del 2015.

Non può invece sostenersi l’applicazione retroattiva ai fatti reato con pagamento integrale non avvenuto entro tale termine. Si verificherebbe, infatti, una sostanziale rimessione in termini con ulteriori problematiche che, in assenza di disciplina transitoria, potrebbero porsi. È il caso, per esempio, della prescrizione che potrebbe maturare nelle more del pagamento ove si accogliesse la tesi della non punibilità anche per coloro che non hanno compiuto l’integrale versamento.

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