Professione

Forfettari, l’indennità di maternità non costituisce ricavo

L’indennità di maternità percepita da un contribuente forfettario non fa cumulo con i ricavi tipici dell’attività

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di Giorgio Gavelli e Gian Paolo Tosoni

L’indennità di maternità percepita da una contribuente in regime forfettario non fa cumulo con i ricavi “tipici” dell’attività ai fini del calcolo dei 65mila euro (ragguagliati ad anno) per rimanere nel regime. Questa risposta, sicuramente positiva, resa dall’agenzia delle Entrate nel corso di Telefisco 2020, rischia di innescare una serie di perplessità di difficile soluzione.

La domanda

Alla domanda riguardante l’effetto della percezione di questa indennità ai fini del computo del parametro per fare ingresso (o permanere) nel regime del forfait, l’Agenzia ha ricordato che si tratta di un provento sostitutivo rientrante nell’articolo 6, comma 2, del Tuir e, come tale, attratto a tassazione alla stessa stregua del reddito sostituito.

Tuttavia, nel prosieguo della risposta si conferma l’irrilevanza ai fini del limite dei 65mila euro annui (sulla scorta di quanto già sostenuto nei confronti dei soggetti “minimi” con circolare n. 17/E/2012), in considerazione del fatto che tale importo «non costituisce ricavo o compenso, riferito alla somma dei ricavi e dei compensi derivanti dalle diverse attività esercitate».

I problemi sul tavolo

E qui iniziano i problemi. E ciò non solo perché con un reddito che addirittura non è sostitutivo ma proprio «differente» – come i compensi derivanti dal diritto d’autore – l’Agenzia ha concluso in maniera diametralmente opposta, sostenendo (circolare 9/E/2019) la concorrenza al limite laddove «correlati con l’attività di lavoro autonomo svolta, circostanza che sarà ritenuta sussistente se, sulla base di un esame degli specifici fatti e circostanze, gli stessi non sarebbero stati conseguiti in assenza dello svolgimento dell’attività di lavoro autonomo». Ma anche perché, a questo punto, i ragionamenti diventano difficili.

L’indennità

L’indennità percepita dalla contribuente forfettaria, non costituendo un ricavo derivante dall’attività, come va tassata e in quale quadro va dichiarata nel modello Redditi? È difficile, infatti, tassare con l’imposta sostitutiva «da forfettario» un provento che «non costituisce ricavo» per il medesimo e, quindi, non dovrebbe essere indicato tra i «componenti positivi» del rigo LM22 (ma così fu sostenuto per il rigo CM2, oggi LM2 dei minimi).

La risposta

Presumibilmente non era questa la conclusione a cui voleva giungere l’Agenzia con la sua risposta, ma, a questo punto, forse sarebbe stato meglio escludere dal computo l’indennità in questione non disconoscendone la natura di ricavo percepito nell’ambito dell’attività svolta, quanto, piuttosto, in relazione alla natura straordinaria del provento medesimo, che è giusto escludere da calcoli “puntuali” come quello del limite dei 65.000 euro.

La perplessità si estende anche ad altri proventi percepiti dal forfettario (o aspirante tale) quali l’indennità di clientela per l’agente o promotore finanziario. Peraltro, essa (ove percepita da persone fisiche come nel caso di specie) è soggetta a tassazione separata (articolo 17, comma 1, lettera d), del Tuir) e, pertanto, non compare neppure a quadro LM (o nei quadri RF/RG dell’aspirante forfettario), per cui, a maggior ragione, riteniamo che non dovrebbe rientrare nel computo dei 65mila euro.

I dubbi

Trattando di redditi a tassazione separata non può essere taciuto un dubbio che sta interessando molti soggetti in regime forfettario nel 2019. Quando la nuova causa di esclusione di cui alla lettera d-ter) del comma 57 dell’articolo 1 della legge 190/2014 fa riferimento alla percezione nell’anno precedente di redditi di lavoro dipendente ed assimilati (per rapporti non cessati) superiori a 30mila euro include anche gli arretrati di lavoro dipendente, il Tfr e tutti gli altri redditi a tassazione separata?

A nostro avviso sarebbe opportuno superare il dato letterale e far riferimento al quadro RC del modello Redditi, proprio in considerazione della natura straordinaria e pluriennale di tali proventi (spesso peraltro collegati a «rapporti cessati»), che non è corretto possano estromettere il forfettario dal proprio regime “naturale”, in genere solo per un anno, in quanto trattasi di situazioni destinate a non ripetersi nel tempo.

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