Regime forfettario, reverse charge anche sugli acquisti all’estero
Per le sue peculiarità, il regime forfettario ha un particolare rapporto con il meccanismo dell’inversione contabile di cui all’articolo 17 del Dpr 633/72. Tale modalità di assolvimento dell’imposta prevede che il debitore Iva sia il cessionario/committente; pertanto, la fattura è emessa senza Iva e il cliente, una volta ricevuto il documento, lo integra con l’imposta e lo contabilizza sia nel registro degli acquisti che in quello delle vendite. Il reverse charge, quindi, implica che l’acquirente ponga in essere determinati adempimenti contabili e fiscali, dai quali però i soggetti che operano in regime forfettario sono esonerati. A confermarlo è la circolare dell’agenzia delle Entrate n. 14/E/2015, la quale ha precisato che «il reverse charge non trova applicazione alle prestazioni di servizi rese nei confronti di soggetti che, beneficiando di particolari regimi fiscali, sono di fatto esonerati dagli adempimenti previsti dal Dpr n. 633 del 1972». Pertanto, non essendo tenuto alla registrazione delle fatture, il forfetario non potrebbe poi adempiere correttamente agli obblighi imposti dalla normativa ex articolo 17. La criticità si presenta unicamente per gli acquisti, considerato che qualora il fornitore avesse aderito al regime forfetario non applicherebbe l’Iva indipendentemente dall’operazione posta in essere, non rilevando la tipologia di cessione realizzata. Se, invece, il cliente fosse un forfetario, non solo il cedente/prestatore non dovrà applicare il reverse charge, ma dovrà anche ricorrere alle regole Iva ordinarie, addebitando, di conseguenza, l’Iva direttamente in fattura.
L’inversione contabile, tuttavia, non si applica unicamente alle operazioni nazionali, ma è richiesta anche per gli acquisti internazionali, considerato che il cliente nazionale è tenuto ad integrare la fattura ricevuta dal fornitore estero con l’imposta. Il trattamento riservato alle transazioni estere è stato analizzato dall’agenzia delle Entrate nella circolare n. 10/E/2016. In particolare, qualora il forfetario assuma la qualifica di cedente intracomunitario, emetterà la fattura senza imposta, poiché l’operazione è assimilata ad una cessione interna, riportando in fattura la seguente dicitura «non costituisce cessione intracomunitaria ai sensi dell’articolo 41, comma 2-bis, del Dl 30 agosto1993, n. 331». Per gli acquisti intracomunitari, invece, occorre verificare il superamento o meglio della soglia di 10.000 euro, in quanto laddove non dovesse essere superata, l’Iva è assolta dal cedente comunitario, pertanto, il cessionario nazionale non dovrà adempiere a specifici obblighi contabili fiscali. Se, invece, gli acquisti realizzati superino i 10mila euro annui, il forfetario è tenuto ad applicare l’Iva secondo le regole previste per gli acquisti Ue per i soggetti che operano in regime ordinario (integrazione fattura, iscrizione Vies e compilazione Intrastat). Relativamente, ai servizi intracomunitari resi e ricevuti, nonché alle operazioni poste in essere con soggetti non comunitari (extra Ue), il legislatore al comma 58 dell’articolo 1 della legge 190/2014, ha sancito l’applicazione delle regole Iva ordinarie, quindi gli articoli 7-ter e seguenti del Dpr 633/72. Resta ferma, per l’imposta relativa a queste operazioni, l’impossibilità di avvalersi del diritto alla detrazione di cui all’articolo 19 del citato decreto.