Registro, la Cassazione rinvia alla Consulta l’imposta slegata dall’obiettivo di atti concatenati
Sarà la Corte Costituzionale a decidere se l’articolo 20 del testo unico della legge di registro (il Tur, contenuto nel Dpr 131/1986) autorizza l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione mediante dati di interpretazione desunti al di fuori dell’atto da registrare (i cosiddetti elementi “extratestuali”) e tenendo in considerazione gli altri atti che siano a esso eventualmente considerabili come collegati.
La norma sotto esame
Con l’ ordinanza n. 23549 del 23 settembre 2019 la Cassazione ha infatti rimesso al giudice delle leggi il giudizio di costituzionalità della norma, recata appunto dall’articolo 20 Tur, per la quale l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione andrebbe fatta leggendo solamente l’atto da registrare, senza potersi tener conto di quanto non risulti dall’atto stesso né di altri atti che siano ritenuti in collegamento con esso.
La capacità contributiva
Come noto, la norma racchiusa nell’articolo 20 Tur così dispone in dipendenza delle modifiche che vi sono state apportate dall’articolo 1, comma 87, legge 205/2017 (come autenticamente interpretato dall’articolo 1, comma 1084, legge 145/2018); e il giudizio di costituzionalità è invocato dalla Cassazione sul punto se la norma in questione, nel suo attuale assetto, violi il principio di capacità contributiva, di cui all’articolo 53 della Costituzione, e il principio di eguaglianza, di cui all'articolo 3 della Costituzione.
Sostanza e forma
Il ragionamento della Cassazione parte dalla considerazione che il principio di prevalenza della sostanza sulla forma è «imprescindibile» e «storicamente radicato»: cosicchè l’attuale formulazione dell'articolo 20 Tur sarebbe espressione dell’«esatto contrario» in quanto, se si vuole analizzare l’atto presentato alla registrazione con un approccio sostanzialistico, ciò «comporta la necessaria considerazione anche di elementi esterni all’atto e, in particolare, anche di elementi desumibili da atti eventualmente collegati con quello presentato alla registrazione».
La natura dell’imposta
Secondo la Corte Suprema italiana a questo ragionamento non ostano: né la considerazione che l’imposta di registro sia una “imposta d'atto”, in quanto questa osservazione non esclude che debbano comunque valorizzarsi eventuali elementi interpretativi esterni all’atto da registrare o il risultato perseguito mediante una pluralità di atti in connessione tra loro; né la considerazione che la legge imponga di qualificare l’atto da registrare secondo i suoi effetti “giuridici” (e non secondo il suo significato “economico”) in quanto, al fine di accertare la sostanza dell’attività giuridica che viene presentata alla registrazione, la legge non preclude che si attribuisca rilevanza, anche in considerazione del «sostrato prettamente economico» del principio di capacità contributiva, allo scopo economico perseguito attraverso il singolo atto o la concatenazione degli effetti giuridici degli atti che siano stipulati in connessione l'uno con l'altro.
Il principio di uguaglianza
Inoltre, la Cassazione rileva che sarebbe contrario al principio di eguaglianza l’applicazione di una tassazione diversa a seconda che un dato risultato giuridico sia raggiunto mediante un solo atto (la cui unicità consente di osservare direttamente l’obiettivo che con esso si vuole conseguire) oppure mediante una pluralità di atti, se osservati nella loro singolarità.
Cassazione, ordinanza interlocutoria 23549/2019