Ricavi delle commesse ultrannuali con percentuale di completamento
La valutazione delle giacenze relative alle commesse ultrannuali deve essere effettuata con il criterio della percentuale di completamento, che determina la suddivisione dell’utile totale che scaturisce dall’operazione nei vari esercizi di svolgimento della stessa e in proporzione ai lavori eseguiti per ciascun periodo, al fine di evitare la concentrazione dell’imponibile nell’ultimo esercizio, e non assumendo alcun rilievo la definitività del corrispettivo pagato dal committente ai fini della determinazione del reddito imponibile. Lo ha stabilito la Cassazione, con l’ordinanza 17538/2019.
Sotto il profilo civilistico, il principio contabile Oic 23, in merito ai criteri di valutazione dei lavori in corso su ordinazione, consente, sulla base delle disposizioni del codice civile, l’adozione del criterio del costo, ovvero quello dei corrispettivi maturati, ancorché superiori ai costi.
Diversamente, la normativa fiscale e in particolare l’articolo 93 del Tuir dispone che le variazioni delle rimanenze finali delle opere, forniture e servizi pattuiti come oggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale, rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il reddito dell’esercizio; a tal fine le rimanenze finali sono assunte per il valore complessivo determinato per la parte eseguita fin dall’inizio dell’esecuzione del contratto, sulla base dei corrispettivi pattuiti.
A seguito dell’introduzione del principio di derivazione rafforzata per le imprese Oic (articolo 83 del Tuir) era sorto il dubbio se l’adozione del criterio del costo, ovvero della commessa completata, in ambito civilistico, avrebbe comportato l’automatica traslazione di tale criterio anche in ambito fiscale, appunto per “derivazione”.
Nel corso di Telefisco 2018, però, i tecnici dell’agenzia delle Entrate hanno puntualizzato che il principio di derivazione rafforzata non disattiva le regole fiscali stabilite dall’articolo 93 del Tuir in relazione alle commesse ultrannuali: in sostanza, se l’impresa adotta, in sede di redazione del bilancio di esercizio, il criterio della commessa completata (o del costo) per la valutazione delle opere pluriennali, tale valutazione non rileva anche ai fini fiscali, atteso che la normativa tributaria prevede un unico diverso criterio di valutazione, ovvero quello dei corrispettivi pattuiti, ed il principio di derivazione rafforzata non consente di derogare a quest’ultimo.
La sentenza qui commentata conferma che il criterio della percentuale di completamento (o dei corrispettivi pattuiti) è l’unico applicabile ai fini fiscali (nello stesso senso Cassazione 23692/2018), ricordando, inoltre, che l’imputazione dei costi ancora da sostenere nei contratti di appalto ultrannuali, in relazione ai quali siano stati già incassati corrispettivi, segue comunque il criterio di competenza: ciò non implica che i costi debbano essere necessariamente dedotti nello stesso esercizio al quale siano imputabili i ricavi, di guisa che la riscossione anticipata dei proventi comporta la contabilizzazione anticipata anche dei costi, esigendo invece che i costi afferenti i ricavi concorrono a formare il reddito di impresa nell’esercizio di competenza, a meno che la loro esistenza non sia ancora certa e il loro ammontare non sia ancora determinabile in modo oggettivo, nel qual caso sono imputati al reddito nel periodo di imposta in cui si verificano tali condizioni (si veda Cassazione 4730/2003).