Risparmi inferiori ai costi consentono il cumulo con l’iperammortamento
Sempre consentito il cumulo tra iperammortamento e mini-Ires. Il risparmio che si può ottenere dai due incentivi non supera l’importo del costo, non verificandosi dunque alcuna ipotesi di sovra-beneficio. Anche per la maggiorazione degli ammortamenti, le dismissioni dei cespiti non completamente ammortizzati possono compromettere il bonus.
L’iperammortamento, vecchio e nuovo, continua ad essere il vero, possibile traino degli investimenti 4.0. La deduzione delle quote calcolate sul 150% del costo o sulle differenti percentuali a scaglioni della legge 145/2018 rende certo il beneficio minimo effettivamente ottenibile anche qualora, a consuntivo, la mini-Ires spetti per importi inferiori a quelli preventivati (si veda l’esempio in pagina).
L’articolo 1, comma 34, della legge 145/2018 stabilisce che la mini-Ires è cumulabile con altri benefìci eventualmente concessi, ad eccezione di quelli che prevedono regimi forfettari di determinazione del reddito. Conseguentemente, gli investimenti considerati nel calcolo della mini-Ires possono usufruire dell’iperammortamento (nonché del superammortamento per beni non 4.0 acquistati entro il 30 giugno di quest’anno su ordini e acconti del 20% del 2018).
Il cumulo, che può riguardare sia la coda dell’iperammortamento 150% (ordini e acconti del 20% effettuati entro il 31 dicembre scorso), sia il nuovo incentivo a scaglioni, non può comunque produrre, secondo quanto indicato dalle Entrate in un recente convegno, un beneficio superiore al costo dell’investimento. Questo vincolo va applicato quantificando l’importo di effettivo risparmio fiscale che deriva da un determinato investimento soggetto, al tempo stesso, ad iperammortamento e mini-Ires. Anche stimando il massimo beneficio ottenibile dalle due agevolazioni, si può notare che il risparmio fiscale non eccede mai (se non vi sono ulteriori incentivi) il 100% del costo. Per una società di capitali, l’iper può procurare un minor versamento pari al 40,8% (aliquota 24% moltiplicata per la maggiorazione del 170%) del costo e la mini-Ires un ulteriore 9%, con un totale inferiore al 50 per cento. Anche applicando le aliquote Irpef marginali, le due norme si fermano ben al di sotto dell’intero costo. Il cumulo potrebbe invece far splafonare solo in presenza di contributi in conto impianti concessi sull’investimento.
Nella pianificazione fiscale va, infine, posta una particolare attenzione all’ipotesi di cessioni anzitempo dei beni agevolabili. Per entrambe le norme, infatti, la dismissione può provocare la perdita dei benefici. Per l’iperammortamento (investimenti post 14 luglio 2018), la cessione (anche in Italia come chiarito a Telefisco 2019) prima del termine del procedimento comporta il recupero delle deduzioni già applicate, salvo che non si acquisti, entro lo stesso anno, un nuovo bene 4.0. Nel caso della mini-Ires, non è previsto un recapture di quanto già fruito. Ciononostante, la cessione, oltre ad interrompere il beneficio per quel bene (non stanziandosi più le quote di ammortamento), impatta negativamente sulla variabile incremento del costo non ammortizzato, rischiando di azzerare il meccanismo anche per altri beni ancora in ammortamento.
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