Rivalutazione, l’impresa passata in semplificata a inizio 2020 può evitare l’affrancamento
Il contribuente transitato in regime di contabilità semplificata dal 1° gennaio scorso non redige il rendiconto al 31 dicembre 2020
La rivalutazione dei beni di impresa (re)introdotta dall’articolo 110 del Dl 34/2020 ora in corso di conversione poarlamentare propone condizioni di favore che suscitano grande interesse nel mondo delle imprese con benefici tuttavia variabili in base alla tipologia di impresa.
Da un lato le società di capitali – in caso di distribuzione della riserva – ne sopportano l’onere fiscale maggiore dovendo versare imposta sostitutiva sui maggiori valori (3%), di affrancamento (10%) e assoggettare la distribuzione dei dividendi ai percettori persone fisiche a ritenuta (26%). Le imprese individuali e società di persone hanno invece un costo variabile in funzione della tenuta della contabilità essendo limitato al 3% per le imprese in contabilità semplificata mentre sale al 13% per quelle in contabilità ordinaria (improbabile che tali imprese non procedano alla distribuzione della riserva).
Tale differente trattamento emerge dalla circolare 11/E /2009 (si vedano anche circolare 18/E/2006, 13/E/2014 e 14/E/2017) che premia la mancata tenuta di scritture contabili inerenti attivo e passivo in quanto «in assenza di bilancio formale nel quale emergano i maggiori valori rivalutati si ritiene che tali soggetti debbano necessariamente attribuire rilevanza fiscale mediante il versamento dell’imposta sostitutiva».
La differenza di trattamento opera nei confronti dei soggetti in contabilità ordinaria sia per regime naturale che per opzione. I primi, tengono la contabilità ordinaria - ai sensi dell’articolo 18 Dpr 600/1973 - in quanto hanno realizzato nell’ultimo anno ricavi almeno pari a 400.000 euro se aventi per oggetto prestazioni di servizi ovvero 700.000 euro se esercenti altre attività. I secondi sono le imprese che, non superando tali limiti, hanno esercitato l’opzione (comma 8) per la contabilità ordinaria con effetto dall’inizio del periodo di imposta nel corso del quale la scelta è esercitata fino a quando non è revocata e, in ogni caso, per il periodo stesso e per i due successivi.
Tale opzione avviene nella dichiarazione di inizio attività ovvero nella dichiarazione Iva relativa all’anno precedente (quadro VO). Non vi sono motivazioni logiche che portino a penalizzare i contribuenti in ordinaria per opzione. Si ricorda peraltro che la facoltà di tenere una contabilità semplificata ha valenza meramente fiscale, con conseguente rischio, ad esempio, di bancarotta documentale in caso di dichiarazione di fallimento.
Ciò premesso si ritiene utile verificare se e quando un soggetto in contabilità ordinaria per opzione possa tornare al regime (naturale) della semplificata: fermo restando il rispetto del vincolo triennale, si ritiene che possa essere esentato dall’affrancamento della rivalutazione il contribuente passato in semplificata dal 1° gennaio 2020 in quanto non redige il rendiconto al 31 dicembre 2020. Più difficile ipotizzare un’estensione del beneficio ai soggetti che decidano di transitare nella contabilità semplificata al 1° gennaio 2021: la riserva di rivalutazione emerge infatti dal bilancio 2020 e, pertanto, verrebbe meno la condizione evidenziata dall’Agenzia di assenza di bilancio formale.
Si ricorda infine che per i soggetti in semplificata, sono rivalutabili i beni che risultino dal registro dei beni ammortizzabili o dal registro degli acquisti Iva. Inoltre l’articolo 15 della legge 342/2000 richiede che la rivalutazione sia evidenziata in apposito prospetto bollato e vidimato da cui risulti costo e rivalutazione compiuta. A seguito del venir meno dell’obbligo di bollatura e vidimazione di libro giornale e libro inventari (articolo 8 della legge 383/2001) è tuttavia cessato anche l’obbligo di vidimazione e bollatura di tale prospetto (risoluzione 14/E del 3 marzo 2010).