Controlli e liti

Rottamazione liti fiscali, dubbia la convenienza per i contribuenti

La riforma discrimina le posizioni dei privati rispetto a quelle del Fisco. Niente sanatoria nelle cause in Cassazione che sono state perse nei gradi di merito

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

La definizione delle liti pendenti in Cassazione, prevista nell’ambito del Ddl di riforma della giustizia tributaria, potrebbe non conseguire i dichiarati obiettivi di deflazione delle controversie pendenti presso i giudici di legittimità. Presenta infatti aspetti sfavorevoli per il contribuente.

Gli atti definibili

Vi rientrano le controversie pendenti innanzi alla Cassazione al 15 luglio 2022. Per espressa previsione, il riferimento è alla notifica dell'impugnazione alla controparte entro tale data non essendo necessaria anche la costituzione in giudizio presso la Corte.

Ma vi sono alcune singolari discriminazioni: sono escluse le liti instaurate dal contribuente allorché sia stato soccombente in entrambi i gradi di merito. Sono definibili, infatti, solo i procedimenti in cui il contribuente abbia avuto ragione:

nei due giudizi di merito;

almeno in parte in uno dei due giudizi.

Tale singolare delimitazione deve far riflettere.

Innanzitutto, mal si comprende perché in un'ottica definitoria, non vengano posti sullo stesso piano amministrazione e contribuente, prediligendo l'amministrazione. Così il contribuente può definire le controversie in cui ha sempre vinto nei precedenti gradi, ma non quelle in cui sia risultato soccombente.

Inoltre, se (come dichiarato) l'oggetto della definizione serve ad alleggerire il carico del contenzioso pendente alla sezione tributaria, vuol dire che buona parte di esso è stato generato dall'agenzia delle Entrate (altrimenti non si giustificherebbe l'esclusione delle liti intraprese dal contribuente dopo la soccombenza in due gradi di merito).

Ciò è ben noto agli operatori e dovrebbe far riflettere innanzitutto sull’opportunità che gli uffici, in futuro, si rivolgano sempre e comunque alla Cassazione, nonostante le precedenti soccombenze. Inoltre, in questo ambito c’è da considerare l’aspetto della responsabilità dei singoli funzionari e dirigenti locali i quali, sol perché non sopportano alcun onere dall'impugnazione in sede di legittimità, non hanno dubbi a proseguire nel contenzioso nonostante probabili soccombenze e (meno probabili) condanne alle spese.

Sarebbe quindi auspicabile per il futuro una riduzione di tali impugnazioni che, di fatto, hanno comportato questa ennesima definizione delle controversie pendenti in Cassazione.

Il valore della causa

L'ulteriore singolare delimitazione è la previsione non solo di un valore delle cause definibili ma, incredibilmente, della differenziazione di tale valore a seconda che il contribuente abbia vinto in entrambi i gradi di giudizio o soltanto in parte.

Nel primo caso sono definibili le controversie fino a 100.000 euro (previo pagamento del 5 per cento del valore). Nel secondo caso, invece, sono definibili soltanto quelle non superiori a 50.000 euro (previo pagamento del 20 per cento del valore).

Non si comprende tale distinzione, che rischia di risultare una beffa per il contribuente, il quale ha più possibilità di definizione solo se ha avuto sempre ragione nei precedenti gradi, mentre ove sia risultato soccombente ha minori facoltà.

Le somme versate

Le somme già versate, ove eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione, non sono rimborsabili.

Ciò comporta che, se il contribuente sia stato soccombente in tutto o in parte in secondo grado - poiché l'ufficio procede alla riscossione di tutta la somma, comprese sanzioni e interessi - è verosimile che abbia già versato più di quanto dovuto per la definizione (20%), se non addirittura l'intera somma.

Il contribuente potrebbe, pertanto, non avere alcun interesse alla sanatoria.

Perimetro allargato

Un aspetto positivo sembra invece emergere dalla previsione della definizione di tutte le controversie pendenti (nei limiti sopra citati) e non solo di quelle relative ad atti impositivi in senso stretto (come avvenuto in passato). Dovrebbero quindi rientrarvi anche le varie liti che, secondo gli uffici, non potevano essere sanate in precedenza (per esempio, cartelle di pagamento a seguito di attività di liquidazione) in quanto conseguenti non ad atti impositivi in senso tecnico, ma a meri atti di liquidazione.

I PUNTI CRITICI 

Le sentenze precedenti

Dalla definizione agevolata delle liti fiscali sono escluse quelle liti instaurate dai contribuenti soccombenti in entrambi i gradi di merito: sono definibili solo i procedimenti in cui il contribuente abbia avuto ragione in entrambi i giudizi di merito o almeno in parte in uno di essi

Valori differenziati

Se il contribuente ha vinto in entrambi i gradi di giudizio,

sono definibili le controversie fino a 100.000 euro (pagando il 5 per cento del valore). Se ha vinto solo in parte, sono definibili solo le liti non superiori a 50.000 euro (previo pagamento del 20 per cento del valore)

Niente rimborso

Se le somme già versate dal contribuente superano quanto dovuto per la definizione, non sono rimborsabili. Una situazione non rara (ci sono casi in cui si è già versato il 100%), in cui il contribuente potrebbe non avere alcun interesse a fruire della sanatoria

L’eccezione favorevole

Sono definibili le controversie pendenti di qualsiasi tipo e non solo di quelle su atti impositivi in senso stretto. Dovrebbero quindi esserci anche le liti che prima non si potevano sanare in quanto conseguenti non ad atti impositivi in senso tecnico, ma a meri atti di liquidazione

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