Ruderi, unità da definire e in costruzione: così i bonus casa e il 110% su edifici del gruppo «F»
Le regole dettate dalle Entrate per gli 1,2 milioni di unità iscritte nelle categorie del gruppo F
Sono 1,2 milioni le unità immobiliari censite nelle categorie catastali “fittizie” – cioè la F/2, F/3 e F/4 – potenzialmente interessate al superbonus del 110% e agli altri bonus edilizi. Non tutte le categorie, però, seguono lo stesso trattamento fiscale.
Edifici in categoria F/2: «unità collabenti»
Alla fine del 2020 erano iscritte sotto questa etichetta circa 514mila unità immobiliari, il 2,2% in più rispetto al 2019. Il loro numero, in realtà, è costantemente aumentato dal 2012 in poi, con l’introduzione dell’Imu, perché la F/2 è una categoria priva di rendita catastale e quindi consente di evitare l’imposizione immobiliare.
Gli edifici collabenti possono avere la detrazione per le ristrutturazioni edilizie (articolo 16-bis del Tuir) purché «dal titolo abilitativo che autorizza i lavori risulti che le opere edilizie consistono in un intervento di conservazione del patrimonio edilizio esistente e non in un intervento di nuova costruzione e che, al termine degli stessi, l’immobile sia accatastato come residenziale» (così la circolare 7/E del 2021, pag. 319). La stessa conclusione si ritiene valga per il sismabonus “ordinario”.
È possibile anche applicare l’ecobonus per il risparmio energetico, ma il rudere deve avere un impianto di riscaldamento, funzionante o riattivabile con un intervento di manutenzione anche straordinaria (ancora la circolare 7/E, pag. 390). La presenza dell’impianto di riscaldamento non è richiesta per l’installazione dei collettori solari per produzione di acqua calda e, dal 1° gennaio 2015, dei generatori alimentati a biomassa e delle schermature solari.
Il superbonus del 110% segue, in linea di principio, le stesse regole. Perciò, nella versione “eco” dovrà riguardare un edificio dotato di impianto di riscaldamento. Inoltre – sia per la versione “eco” sia per la versione “sisma” – la categoria catastale successiva ai lavori dovrà essere una di quelle ammesse all’agevolazione, quindi residenziale, escluse le categorie di pregio A/1, A/8 e A/9. È ammesso il cambio d’uso da non residenziale a residenziale, a condizione che siano rispettati tutti i requisiti richiesti dalla normativa e che il titolo abilitativo che autorizza i lavori dia l’ok anche alla variazione di destinazione.
Dal 1° gennaio 2021, tuttavia, il superbonus è stato ammesso anche su edifici «privi di attestato di prestazione energetica perché sprovvisti di copertura, di uno o più muri perimetrali, o di entrambi» (articolo 119, comma 1-quater, del Dl 34/2020). In concreto, spesso si tratterà di immobili accatastati in categoria F/2.
Edifici in categoria F/4: «unità in corso di definizione»
È una classificazione che riguarda circa 115mila immobili “in cerca d’autore”: per lo più si tratta di porzioni di fabbricato in attesa di regolarizzare la loro posizione: ad esempio, durante lavori di frazionamento dell’immobile cui seguirà atto di vendita. Secondo diverse prese di posizione delle Entrate (ultimo l’interpello 599/2021) sono parificati alle unità iscritte in categoria F/2.
Edifici in categoria F/3: «unità in corso di costruzione»
Si tratta di circa 575mila immobili non ancora ultimati, cioè non ancora «servibili all’uso cui sono destinati». Spesso ci sono edifici che restano iscritti per anni (e talora decenni) nella categoria F/3, magari perché mancanti di alcuni requisiti. Ciò, però, impedisce di applicare il superbonus e gli altri bonus per i lavori edilizi, che spettano solo quando si interviene su edifici ultimati ed esistenti, regolarmente accatastati prima dell’inizio dei lavori. È una posizione confermata tra l’altro dagli interpelli 174/2021 e 609/2021.