Controlli e liti

Sanzioni da ridefinire in caso di manifesta sproporzione rispetto al tributo

Il giudice deve rideterminare le pene secondo la Ctr Lazio 1366/2019

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di Marcello Maria De Vito

È obbligo del giudice nazionale valutare, tenuto conto degli imperativi di repressione e di prevenzione, se le sanzioni effettivamente irrogate dall’ufficio siano sproporzionate rispetto alla gravità dell’infrazione.

La sentenza
La Ctr Lazio con la sentenza 1366 dell’11 marzo 2019 (presidente Maiello, relatore Colaiuda) inserita nel Massimario 2019 di prossima pubblicazione, si è occupata del dovere del giudice nazionale di valutare, anche di propria iniziativa, il rispetto del principio unionale di proporzionalità delle sanzioni irrogate, rispetto alla gravità dell’infrazione. La Ctr ha statuito che è legittima la rideterminazione delle sanzioni originariamente irrogate in ragione della metà del minimo edittale in caso di manifesta sproporzione delle stesse rispetto all’Iva recuperata.

Il collegio capitolino ha ricordato che il giudice nazionale ha l’obbligo di garantire il pieno rispetto delle norme dell’Unione europea, disapplicando, anche di propria iniziativa, qualsiasi norma nazionale contrastante con una disposizione unionale direttamente applicabile, quali sono i trattati, i regolamenti, le sentenze della Corte di giustizia e le direttive self executing. La Ctr rammenta che la Corte di giustizia ha chiarito in più occasioni che il giudice nazionale ha l’obbligo di valutare se le sanzioni effettivamente irrogate dall’ente impositore appaiono sproporzionate rispetto alla gravità dell’infrazione.

In materia, gli Stati membri devono esercitare la loro competenza nel rispetto dei principi generali del diritto ed in particolare del principio di proporzionalità della sanzione.
La Ctr ha osservato che l’articolo 16, comma 1, lettera c), numero 2), Dlgs 158/2015, ha modificato il comma 4 dell’articolo del Dlgs 472/1997 che dispone che quando concorrono circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo. Prima della modifica, per poter ridurre le sanzioni alla metà del minimo, il legislatore esigeva la ricorrenza di circostanze “eccezionali”.

Il carattere di eccezionalità
L’espunzione dalla norma del carattere di “eccezionalità”, secondo la Ctr, è un chiaro segnale, a livello sistematico, di avvicinamento all’applicazione del principio di proporzionalità della sanzione in relazione al danno che la violazione provoca.
La Ctr osserva, poi, che la contestazione della violazione del principio di proporzionalità, stabilito dall’articolo 5 del Trattato sull'Unione europea, consente al giudice di disapplicare la norma nazionale eventualmente ritenuta incompatibile con quella europea.
Pertanto, continua il collegio, il giudice nazionale deve, tenuto conto degli imperativi di repressione e di prevenzione, determinare se le sanzioni irrogate siano sproporzionate rispetto alla gravità dell’infrazione.

La Ctr precisa che “proporzionalità” significa “congruità allo scopo” e quindi per stabilire tale proporzione, bisogna guardare, sia alla gravità della violazione, sia alla entità della sanzione e alle modalità di sua determinazione. Secondo il Collegio, nella fattispecie concreta, il principio di proporzionalità è stato violato e, conseguentemente, le sanzioni sono state rideterminate alla metà del minimo edittale.

Il contesto normativo
Il legislatore era ben conscio della necessità di adeguare il sistema sanzionatorio amministrativo al rispetto del principio di proporzionalità, atteso anche il numero dei procedimenti pendenti avanti la Corte europea dei diritti dell’uomo. Infatti, con l’articolo 8 della legge 23/2014, ha delegato il Governo ad attuare la revisione del sistema sanzionatorio amministrativo al fine di meglio correlare, nel rispetto del principio di proporzionalità, le sanzioni all'effettiva gravità dei comportamenti.

La revisione ha partorito, sostanzialmente, la diminuzione dei minimi edittali della sanzione dal 100% al 90% e dei massimi dal 200% al 180 per cento. La Ctp di Milano, con la sentenza 3317 del 12 maggio 2017, ha fortemente criticato l’intervento legislativo qualificandolo come «…un’operazione di mero maquillage peraltro apportando riduzioni di portata infinitesimale e di dubbia conformità ai principi comunitari…».

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