Controlli e liti

Se il Fisco insiste con pretese illegittime risarcimento e denuncia alla Corte dei conti

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di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

L’amministrazione finanziaria è tenuta a risarcire il contribuente a fronte di atti illegittimi; se invece il funzionario con colpa grave insiste in una pretesa erariale illegittima cagionando un danno all’amministrazione allora potrebbe rispondere di responsabilità erariale innanzi alla magistratura contabile. Sono queste alcune regole da tenere presente nel caso in cui il contribuente sia in grado di dimostrare di essere stato ingiustamente colpito dall’azione dell’amministrazione finanziaria e l’eventuale contenzioso tributario intrapreso non lo ha ristorato dal danno patito.

Si tratta di rimedi particolarmente gravi che talvolta costituiscono l’ultima spiaggia di chi intende tutelarsi a fronte di comportamenti subiti ingiustificatamente vessatori. Non di rado a fronte di contestazioni palesemente infondate, perchè ad esempio ripetutamente bocciate dalla giurisprudenza o da direttive a livello centrale, molti uffici sono soliti invitare il contribuente a far valere le proprie ragioni attraverso il contenzioso, quasi siano “costretti” a dover comunque procedere. A nulla valgono in tale contesto la presentazione di istanze di autotutela o di memorie volte a spiegare l’illegittimità delle contestazioni.

Il contribuente deve così intraprendere un inutile contenzioso tributario che, normalmente, pur censurando l’errore dell’ufficio, quasi mai si conclude con la condanna dell’amministrazione al pagamento delle spese effettivamente sostenute dal contribuente. In genere poi la soddisfazione conseguente all’annullamento delle pretese del fisco, fa dimenticare al contribuente di aver ingiustamente sopportato oneri probabilmente evitabili ove fosse stata applicata da alcuni funzionari l’ordinaria diligenza. Questa tacita accettazione, spesso motivata anche dal timore che specifiche azioni legali possano in qualche modo causare ulteriori futuri controlli, comporta che i funzionari talvolta sottovalutino le conseguenze del loro illegittimo operato e si convincano che il loro comportamento sia censurabile solo dal giudice tributario (che al massimo può condannare l’amministrazione al ristoro delle spese legali).

Il rimedio, in questi casi particolarmente gravi, oltre all’appello della sentenza che ha condannato l’ufficio al pagamento delle spese in misura inferiore al previsto, è un’azione risarcitoria nei confronti di coloro i quali hanno cagionato il danno ovvero la segnalazione dell’eventuale responsabilità erariale alla procura della Corte dei conti (si veda articolo a fianco).

Nella richiesta risarcitoria la norma di riferimento è l’articolo 2043 del Codice civile in base al quale qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno (principio del neminem laedere).

Secondo l’orientamento della Suprema corte (sentenze n. 6283/2012, n. 5120/2011, n. 689/2010), se c’è un errore nella pretesa dell’amministrazione lo sgravio in via di autotutela è obbligatorio in quanto anche l’agenzia delle Entrate, come tutta la Pa, ha il dovere di uniformarsi alle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione. Circa la tempistica dell’annullamento esso deve avvenire in tempi ragionevoli, nel rispetto dei principi costituzionali, non rilevando la mancata previsione di un termine entro il quale l’autotutela deve essere esercitata. A nulla rileva, in tale contesto che il contribuente, non abbia impugnato l’atto illegittimo ma successivamente richiesto un annullamento in via di autotutela. Circa poi il ritardo nell’annullamento dell’atto i giudici chiariscono che esso deve avvenire in tempi ragionevoli.

In merito alla procedura da seguire in questi casi, le Sezioni unite (sentenza n.13568/2015) hanno stabilito che spetta al giudice amministrativo la cognizione sul risarcimento del danno che si ponga in rapporto di causalità diretta con l’illegittimo esercizio del potere pubblico, mentre resta riservato al giudice ordinario soltanto il risarcimento del danno provocato da comportamenti della Pa che non trovano rispondenza nel precedente esercizio di quel potere.

Ne consegue che nella maggior parte dei casi il contribuente dovrà eventualmente rivolgersi al giudice amministrativo.

LA GIURISPRUDENZA

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