Sì alla vendita «agricola» anche se non rientra nel reddito agrario
L’attività di commercializzazione di prodotti agricoli, entro i limiti della prevalenza, può essere considerata di natura agricola anche se ai fini fiscali non può rientrare nel reddito agrario.
Il sottile distinguo fra dettato civilistico e norma fiscale è contenuto in un parere fornito dalla Regione Emilia Romagna – servizio competitività delle Imprese agricole.
La questione riguardava un’impresa agricola che effettuava la vendita diretta (a consumatori finali) di prodotti agricoli; tale impresa avvalendosi della disposizione contenuta nell’articolo 4 del Dlgs 228/2001 acquistava anche prodotti agricoli da terzi in misura non prevalente in confronto a quelli propri destinati alla vendita al minuto. Proprio l’articolo 4 prevede che il produttore agricolo possa vendere in tutto il territorio nazionale anche prodotti di terzi, purché in misura non prevalente, senza dover rispettare la disciplina sul commercio (Dlgs 114/1998); l’impresa agricola deve essere iscritta nel registro delle Imprese e rispettare le norme in materia di igiene e sanità e deve comunicare l’esercizio della vendita al minuto al Comune in cui ha sede l’azienda. Inoltre, per la vendita al minuto, deve rispettare il limite di ricavi di 160.000 euro per le imprese individuali e di 4 milioni di euro per le società.
La questione che si poneva era quella di stabilire se tale attività di commercio di prodotti agricoli acquistati da terzi potesse essere considerata connessa a quella agricola e quindi rientrare nell’articolo 2135 del Codice civile. La fattispecie assume molta importanza in quanto se tale attività di vendita ha natura agricola produce i seguenti effetti:
• la vendita al minuto di prodotti di terzi allo stato originario può essere svolta da una società semplice alla quale è inibita l’attività commerciale;
• non inficia l’esercizio esclusivo delle attività agricole richiesto per le società agricole (diverse dalla società semplice) vuoi per l’opzione per il reddito agrario ai sensi dell’articolo 1, comma 1093, della legge 296/2006;
• consente di ottenere la qualifica di imprenditore agricolo professionale ai sensi dell’articolo 1 del Dlgs 99/2004 alle società per le quali è previsto l’esercizio esclusivo di attività agricole;
• potrebbe rientrare nella determinazione forfettaria del reddito con la percentuale del 15% applicata ai corrispettivi registrati ai fini dell’Iva ai sensi dell’articolo 56 del Tuir (serve conferma dell’agenzia delle Entrate).
Alla precisa richiesta di parere la Regione Emilia Romagna risponde che l’attività di vendita diretta intesa come commercializzazione di prodotti ottenuti prevalentemente dall’azienda agricola, possa essere considerata a tutti gli effetti attività connessa e quindi agricola.
Per la verità ai fini fiscali connessa non è come precisato dalle Entrate con circolare 44/E/2014, ma invece ai fini civilistici l’interpretazione fornita è ampiamente condivisibile.
Infatti l’articolo 2135 del Codice civile dispone che si intendono comunque connesse le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione, e valorizzazione di prodotti agricoli ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo a dall’allevamento. Tale disposizione non può essere interpretata nel senso che l’imprenditore agricolo debba svolgere tutte insieme queste attività e se così è significa che è connessa anche una sola di esse (esempio la commercializzazione).
La questione si poneva in quanto la circolare 44/E/2004, capoverso 1.2, precisa che le attività connesse a quella agricola consistono nella manipolazione e trasformazione di prodotti agricoli e di conseguenza la semplice conservazione, commercializzazione e valorizzazione considerate autonomamente non possono dar luogo ad attività connesse. L’interpretazione dell’Agenzia deve essere rispettata in quanto l’articolo 32 del Tuir contempla l’attività di produzione agricola a cui sfugge la mera commercializzazione.
Tuttavia tale rigore non può essere trasferito anche nella interpretazione codicistica e su questo piano la Regione Emilia Romagna ha fissato un principio importante.