Società non operative, test da ripetere ogni anno
Non può considerarsi di comodo la società in fase di start up che non supera il test di operatività. Inoltre, la verifica del superamento delle soglie va eseguita per ogni singolo periodo di imposta, poiché non può esserci un’automatica estensione della presunzione legale per altre annualità. Ad affermare questi principi è la Corte di cassazione con l’ordinanza 12829 depositata ieri.
Ma veniamo ai fatti. L’agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento a una società fondato sui risultati del test di operatività dai quali conseguiva un maggior reddito perché considerata società di comodo. Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario precisando che i risultati inferiori alle soglie previste erano dovuti alla circostanza che nell’esercizio verificato era stata effettuata la start up dell’impresa. Entrambi i gradi di merito confermavano la pretesa nel presupposto che la contribuente non avesse assolto all’onere di smentire con elementi di segno contrario la presunzione legale. La società ricorreva così per Cassazione lamentando che la Ctr non aveva adeguatamente considerato le ragioni difensive.
I giudici di legittimità hanno ritenuto fondata l’impugnazione. Innanzitutto hanno ribadito che in tema di società di comodo, i parametri previsti dalla norma (articolo 30, legge 724/1994) sono fondati sulla correlazione tra il valore di determinati beni patrimoniali e un livello minimo di ricavi e proventi, il cui mancato raggiungimento costituisce elemento sintomatico della natura non operativa dell’ente. È poi il contribuente che deve fornire prova contraria per dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche e indipendenti dalla sua volontà, che abbiano impedito il raggiungimento della soglia minima di operatività.
Nella specie, la società aveva giustificato la propria posizione evidenziando che l’esercizio accertato fosse quello di start up dell’attività. Tuttavia questa circostanza non era stata minimamente considerata dal collegio di appello, il quale si era limitato a rilevare il mancato raggiungimento dei limiti di reddito previsti per legge.
La Corte di legittimità, rigettando sul punto un altro motivo di ricorso, ha poi precisato che ai fini Iva lo status di società non operativa risultante dall’applicazione dei parametri, non è “permanente” e pertanto ogni anno occorre verificare la specifica situazione. Una società, infatti, potrebbe risultare operativa in un esercizio e non operativa in quello successivo, con la conseguenza che un solo anno è insufficiente ad attribuire in modo assoluto (ed estensivo) la presunzione di non operatività ad altri esercizi. In altre parole, quindi, il mancato superamento delle soglie previste per un determinato anno non implica l’attribuzione “automatica” della natura di società di comodo al soggetto verificato. Va da sé, quindi, che le “aggravanti” previste, come, ad esempio, l’impossibilità di ottenere il rimborso Iva, può riguardare solo l’esercizio in cui il test non è superato e non altri, per i quali la verifica non è stata eseguita.
Nella specie, i giudici di merito, pur trascurando un’adeguata valutazione delle difese legata alla fase di start up, avevano confermato la pretesa perché riferita all’esercizio in cui il test non risultava superato. Pertanto la Cassazione ha respinto quest’eccezione.
Cassazione, ordinanza 12829/2017