Contabilità

Società, rinuncia all’incarico di sindaco solo se c’è già un sostituto

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di Angelo Busani

La rinuncia all'incarico di un sindaco ha effetto immediato solo se il membro supplente del collegio sindacale assume immediatamente la carica; in mancanza (si pensi a un numero di sindaci dimissionari superiore a quello dei supplenti), il sindaco dimissionario entra in regime di prorogatio fino a che non venga sostituito.

È quanto deciso dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 9416 del 12 aprile 2017 , priva di precedenti in sede di giurisprudenza di legittimità (fatta eccezione per la sentenza n. 5928/1986, emanata però nel diritto anteriore alla riforma del 2003) e destinata a pesare moltissimo, stante l'autorevolezza del collegio giudicante, nella assai controversa materia dell'efficacia della rinuncia dei sindaci al loro incarico (che la giurisprudenza di merito – stando almeno alle sentenze pubblicate – aveva deciso in senso contrario a quanto ritenuto dalla Cassazione). Materia assai professionalmente sensibile in quanto, nel caso di mancanza di convergenza di vedute tra amministratori e sindaci (specie se si tratti di società in crisi economica o finanziaria), è comprensibile il desiderio di questi ultimi di andarsene al più presto, senza rimanere avviluppati in un regime di prorogatio che li costringe a portare avanti – con estrema difficoltà in un ambiente spesso ostile – il proprio ruolo di controllo.

L'efficacia immediata delle dimissioni dei sindaci è stata argomentata da molte fonti (Massima n. H.E.1 dei notai triveneti; Fondazione Nazionale dei Commercialisti, 1° dicembre 2014; Tribunale Napoli, 15 ottobre 2009; Tribunale Milano, 2 agosto 2010; Tribunale Treviso, 19 maggio 2011; Tribunale Bari, 2 febbraio 2013) osservando che il codice civile, dettando il principio di prorogatio del collegio sindacale solo per il caso di scadenza del termine di durata in carica del collegio stesso (articolo 2400, comma 1, codice civile), implicitamente evidenzierebbe che, in ogni altro caso (dimissioni, morte, incapacità, decadenza, revoca), la cessazione dall'incarico avrebbe effetto immediato, e ciò anche nell'ipotesi in cui, con l'entrata in carica dei sindaci supplenti, non si completi il collegio sindacale; in caso di collegio sindacale rimasto incompleto, la conseguenza sarebbe invero quella dello scioglimento della società.

Secondo questa tesi, la norma attualmente riportata nell'articolo 2400, comma 1, del codice civile, deve infatti essere confrontata con la disciplina vigente ante riforma del 2003, la quale si limitava a prevedere le varie ipotesi di cessazione dei sindaci dal loro ufficio, ma nulla disponeva circa la determinazione del momento in cui, una volta verificatasi una causa di cessazione, i sindaci avrebbero cessato il loro incarico. Questa lacuna normativa non aveva ovviamente generato alcun dubbio sul fatto che la revoca e la decadenza, oltre che la morte e la sopravvenuta incapacità, fossero cause di cessazione immediata dei sindaci dalla carica. Dubbi invece erano sorti in ordine alla presentazione delle dimissioni da parte dei sindaci e alla scadenza del loro periodo di durata in carica; e si discuteva sull'applicabilità, in via analogica, al collegio sindacale, del regime di prorogatio che la legge (sia ante che post riforma del 2003) dispone per gli amministratori, le cui dimissioni (attuale articolo 2385 del codice civile) hanno effetto immediato se rimane in carica la maggioranza del consiglio di amministrazione; pure nel caso di cessazione della carica degli amministratori per scadenza del termine la legge dispone che essa ha efficacia dal momento di entrata in carica del nuovo organo amministrativo.

Dato che il legislatore della riforma del 2003 ha preso espressamente in esame – disponendo la prorogatio – il caso della cessazione dei sindaci per scadenza del periodo di durata, tacendo di ogni altra ipotesi di cessazione dei sindaci (e fermo restando che, ovviamente, la morte, l'incapacità, la decadenza e la revoca hanno immediato effetto), dall'intervento legislativo del 2003 si dovrebbe desumere, a contrario, che anche la cessazione per dimissioni dovrebbe essere a effetto immediato, non essendo disposta per legge alcuna prorogatio.

La Cassazione però smentisce ora radicalmente questa tesi, osservando che, diversamente da quanto accade per gli amministratori, per il caso di cessazione dei sindaci dall'incarico la legge prevede l'istituto del sindaco supplente, il quale, avendo già accettato la carica, entra in funzione immediatamente (Cassazione 6788/2012), nel momento in cui ne riceve comunicazione. Pertanto, un problema di prorogatio può porsi per i sindaci solo quando il numero dei dimissionari sia superiore al numero dei supplenti: ma in tal caso, «non essendo ipotizzabile il subentro di supplenti, deve ritenersi che la rinuncia non» possa «avere gli effetti immediati, ipotizzabili solo quando sia possibile l'automatica sostituzione del dimissionario con un sindaco supplente».

Cassazione, sentenza 9416/2017

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