Controlli e liti

Spesometro, l’ufficio deve indicare i costi per i maggiori ricavi

Per la Ctp Reggio Emilia è nullo l’accertamento basato sulla comunicazione che non quantifica le spese

Nel caso di accertamento induttivo, se l’ufficio non ha quantificato i costi relativi ai maggiori ricavi accertati e in assenza di elementi di fatto e/o deduzioni al riguardo del contribuente, il giudice del merito deve dichiarare la nullità dell’atto impositivo, non potendosi sostituire all’agenzia delle Entrate nella quantificazione. A dirlo è la Ctp di Reggio Emilia con la sentenza 4/2/2021 (presidente e relatore Montanari).

L’agenzia delle Entrate di Reggio Emilia ha emesso un avviso di accertamento induttivo nei confronti di un’impresa individuale con il quale, in relazione agli anni d’imposta dal 2013 al 2015, ha contestato l’omessa contabilizzazione di ricavi, emergenti dallo spesometro trasmesso dalla contribuente, e la conseguente indebita detrazione dei costi.

La ricorrente, tra gli altri motivi di ricorso, si è difesa eccependo nel merito il mancato riconoscimento dei costi relativi ai maggiori ricavi induttivamente accertati.

La Ctp ha accolto il ricorso e ha annullato l’accertamento ritenendo che, nell’ipotesi di accertamento induttivo, l’ufficio è tenuto a determinare e, di conseguenza, a considerare anche i costi relativi ai maggiori ricavi accertati. Questo, nel rispetto del principio di capacità contributiva e per consentire una tassazione equa avente a oggetto il profitto netto (e giammai lordo) conseguito dal contribuente (Cassazione 5800/2020 e 13119/2020). Con la precisazione che non possono trovare applicazione le limitazioni operanti in tema di accertamento dei costi di cui all’articolo 109 del Dpr 917/1986 che impongono al contribuente l’onere di provare la sussistenza, l’entità e l’inerenza dei costi. Tali limitazioni attengono al solo caso in cui il modello dichiarativo, seppur infedele, sussiste e non anche a quello, diverso, di omessa presentazione (Cassazione 8590/2020, 1864/2020 e 19191/2019).

I giudici ricordano che - secondo parte della giurisprudenza di legittimità e di merito - il processo tributario presenta natura di impugnazione-merito e, quindi, il giudice tributario è tenuto, non soltanto ad annullare l’atto impositivo, ma pure ad esaminare nel merito il rapporto. È altrettanto vero, però, che la decisione sostitutiva che spetta ai giudici deve muoversi nel perimetro circoscritto dalle parti - entro i limiti posti da un lato, dalle ragioni di fatto e di diritto esposte nell’atto impositivo e, dall'altro lato, dagli specifici motivi dedotti nel ricorso dal contribuente (Cassazione 1181/2021 e 13034/2020).

I costi, in caso di mancata presentazione della dichiarazione e quando le componenti negative non emergano dagli eventuali controlli effettuati, devono essere determinati induttivamente dall’amministrazione. In alternativa, e in assenza di deduzioni a riguardo e/o ricostruzioni da parte del contribuente, l’organo giudicante non può sostituirsi all’ufficio (non disponendo di elementi di fatto che gli consentano tale quantificazione) e deve - come nel caso in esame - dichiarare la nullità dell’atto impositivo.

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