I temi di NT+Modulo 24

Statuto del contribuente, il miraggio di pagare le tasse con i crediti verso la Pa

L'obbligo di citare nelle cartelle il responsabile dell'iter è stato ridotto alla menzione del capufficio

di Massimo Basilavecchia

Assai lungimirante è stata la scelta di dedicare alcune delle disposizioni più qualificanti dello Statuto del contribuente alla funzione di riscossione, con alcuni anni di anticipo rispetto a quel potenziamento degli strumenti a disposizione del Fisco che si sarebbe avuto tra il 2006 e il 2008.

Come per altre disposizioni dello Statuto, anche per queste si però è verificato un atteggiamento di resistenza, attiva o passiva, da parte del legislatore stesso o degli enti impositori.

Prendiamo due esempi. Assai importante è stato stabilire nell'articolo 17 che anche chi agisce quale concessionario di funzioni tributarie deve rispettare le regole statutarie ed essere coinvolto dall'applicazione di alcuni principi basilari, al pari degli enti impositori. Sono state così estese alla riscossione alcune conquiste di civiltà nel rapporto fisco-contribuente, come gli obblighi di informazione e di motivazione, la tutela dell'affidamento e della buona fede; impossibile non ricordare l’ordinanza377/2007 della Corte costituzionale (redattore Cassese) che ribadì l'obbligo di indicazione del responsabile del procedimento nelle cartelle di pagamento (anche se la vicenda si concluse in modo singolare, quanto a invalidità delle cosiddette “cartelle mute”). Oggi però l'obbligo viene adempiuto con indicazioni standard che, facendo riferimento a funzionari apicali degli uffici, certo non facilitano il colloquio del contribuente con la struttura procedente.

Altra regola di grandissimo rilievo è contenuta nel comma 1 dell'articolo 8, là dove si prevede la generale possibilità di estinguere per compensazione l'obbligazione tributaria; regola evidentemente troppo in anticipo sui tempi, posto che nessun tentativo è stato fatto – e l'omissione è grave – per disciplinarne la difficile ma non impossibile attuazione.

È noto che il legislatore ha preferito agire nella logica dei versamenti unitari (articolo 17 del Dlgs 241/97) o con previsioni specifiche e temporanee tese a permettere l'utilizzo in compensazione di crediti verso le Pa. Ma il progetto della norma statutaria era ben più ampio e di carattere generale: si intendeva consentire, lasciando provvisoriamente in vita le norme preesistenti, che qualsiasi debito tributario potesse essere estinto compensandolo con crediti ovviamente certi e documentati vantati dal contribuente verso l'amministrazione a qualsiasi titolo.

Né in sede normativa, né amministrativa, né tanto meno giurisdizionale, si è dato spazio all'applicazione della norma. Ha influito, in senso negativo, la constatazione del crescente utilizzo dei modelli F24 per realizzare autentiche frodi; ma il meccanismo dell'articolo 8, che può prescindere dall'autoliquidazione del contribuente, si potrebbe costruire in modo da assicurare al Fisco maggiori cautele. È comunque contraddittorio che una pletora di interventi agevolativi continui a imperniarsi su crediti di imposta da far valere mediante compensazione in F24, creando occasioni molteplici di un uso distorto dell'istituto della compensazione, invece di dare attuazione alla concezione “alta” che dell'istituto aveva concepito il legislatore statutario.

Questo articolo fa parte del nuovo Modulo24 Accertamento e riscossione del Gruppo 24 Ore. Leggi gli altri articoli degli autori del Comitato scientifico e scopri i dettagli di Modulo24