Contabilità

Stop al patto di recesso del socio con la restituzione di capitale e sovrapprezzo

di Angelo Busani ed Elisabetta Smaniotto

È nullo il patto con il quale una società e un suo socio convengono che la società riconosca al socio il diritto di recedere dalla società stessa e di conseguire una somma in denaro di valore pari al versamento effettuato dal socio stesso (all’atto del suo ingresso in società, avvenuto mediante sottoscrizione di un aumento di capitale sociale) a titolo di capitale sociale e di sovrapprezzo.

Lo decide la Cassazione ( ordinanza 10583/2018 ) in quanto il patto è contrario al principio imperativo in base al quale, non formandosi un debito della società verso il socio quando questi versa una somma a titolo di capitale e di sovrapprezzo, il riconoscimento di un debito della società verso il socio pari alla somma versata per capitale e sovrapprezzo (e il riconoscimento di un corrispondente diritto di recesso) neutralizzano il rischio imprenditoriale cui il socio si sottopone incondizionatamente sottoscrivendo il capitale sociale (in sede di costituzione della società o in sede di aumento del capitale sociale). Una tale pattuizione, insomma «intacca la stessa ragion d’essere del contratto di società», in quanto si risolve in una violazione del divieto (di cui all’articolo 2265 del Codice civile) di stipula di qualsiasi patto dal quale derivi l’esclusione di un socio dalla partecipazione agli utili o alle perdite della società.

Il patto in questione era il frutto di una lite intercorsa tra i soci di una società a causa delle perdite maturate dalla società stessa e nascoste a un socio che aveva aderito a un aumento di capitale versando una somma di denaro a titolo di capitale e sovrapprezzo: la “minaccia” di impugnazione del bilancio da parte di costui (e di altre azioni in giudizio) era stata sopita riconoscendogli il diritto di recesso dalla società e il diritto di ottenere il pagamento di una somma pari al versamento effettuato (a titolo di capitale e di sovrapprezzo) in sede di sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale. Non riuscendo poi a ottenere il pagamento promessogli, il socio in questione ha preteso l’adempimento attivando un corrispondente giudizio, nel corso del quale la Cassazione ha appunto dichiarato la nullità di questa pattuizione, respingendo quindi detta domanda di adempimento.

Il giudice della legittimità decidendo sulla validità del patto giunto al suo giudizio rammenta che il versamento di capitale sociale non è un finanziamento di cui il socio possa reclamare la restituzione. Un diritto di credito alla restituzione di quanto versato a titolo di capitale e di sovrapprezzo nemmeno si origina nel caso in cui un socio legittimamente maturi un diritto di recesso, in quanto, in tal caso, non sorge un diritto del socio alla restituzione di quanto conferito, ma un diritto a ottenere una somma di valore pari al valore della quota di partecipazione al capitale sociale per la quale il recesso viene esercitato, osservato nel momento in cui il recesso ha efficacia. Un diritto di credito alla restituzione di quanto versato dal socio alla società matura solo ove sia dimostrato (da chi ne pretende la restituzione) che il versamento è avvenuto a titolo di “finanziamento” e cioè di una somma che la società apposta tra i propri “debiti” e non (come accade per capitale e sovrapprezzo) nel proprio “patrimonio netto”.

Quanto al versamento del sovrapprezzo (e cioè l’eccedenza della somma versata in sede di sottoscrizione del capitale sociale rispetto all’importo corrisposto dal socio e appostato nel capitale nominale, finalizzata alla collocazione del capitale sul mercato a un prezzo pari al suo effettivo valore), la Cassazione sottolinea che, benché esso non abbia «la condizione giuridica propria del capitale», si tratta di un versamento che ha «una causa … diversa da quella del mutuo» e che comunque «è assimilabile a quella del capitale di rischio»: si tratta, dunque, di un versamento dal quale non deriva, in capo a chi lo effettua, un credito esigibile nel corso della vita della società e che può essere preteso in restituzione solo se l’assemblea (una volta formatasi la riserva legale) assuma una decisione in tal senso oppure in caso di scioglimento della società, nei limiti dell’attivo che residui in esito alle operazioni di liquidazione e, quindi, una volta assolto il pagamento di tutte le passività.

Cassazione, ordinanza 10583/2018

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