Imposte

Sul numero di aliquote ridotte delega fiscale spiazzata dalla Ue

Rischio disallineamento con i tempi imposti per la svolta green

di Marco Mobili e Giovanni Parente

La rivoluzione delle aliquote Iva parte da Bruxelles. Una rivoluzione che rischia di spiazzare i piani del Governo sulla riforma dell’Imposta sul valore aggiunto presentata al Parlamento con il disegno di legge delega. Con il via libera arrivato martedì 7 dicembre alla nuova direttiva sull’Iva, il Consiglio dell’Unione europea abbandona la strada fin qui tracciata e delineata con la proposta di direttiva Com (2018) 20, licenziata dalla Commissione europea il 18 gennaio 2018. Viene, infatti, dettata una road map stringente per l’abbandono delle agevolazioni Iva su beni e prodotti ritenuti ad alto sull’ambiente. Ma in termini più generali è il limite che viene imposto al catalogo di prodotti e servizi a un trattamento di favore, rispettando la duplice condizione del vantaggio per il consumatore finale e dell’interesse generale. In parallelo nell’aggiornamento degli sconti Iva si tiene conto anche del cambiamento dell’economia nella direzione di una trasformazione sempre più digitale.

Da qui bisognerà ricominciare anche nel cammino parlamentare per rimettere insieme i tasselli e far dialogare la direttiva del Consiglio dell’Unione europea con la proposta di revisione contenuta nel Ddl di delega fiscale ora all’esame della commissione Finanze della Camera. Il disegno di legge per la riforma del fisco italiano mette testualmente nel mirino la «razionalizzazione della struttura dell’Iva, con particolare riferimento al numero e ai livelli delle aliquote e alla distribuzione delle basi imponibili tra le diverse aliquote, allo scopo di semplificare la gestione e l’applicazione dell’imposta, contrastare l’erosione e l’evasione fiscali e aumentare il grado di efficienza del sistema impositivo in coerenza con la disciplina europea armonizzata dell’imposta».

Di fatto, però, con la direttiva approvata martedì 7 dicembre dal Consiglio dell’Unione europea, i piani “italiani” andranno rivisti.

Il problema si sposta dal numero delle aliquote al paniere dei beni che potranno sfruttare le agevolazioni con un vincolo comunitario non più valicabile.

Ma è anche la seconda parte del progetto Ue a dover essere necessariamente allineato agli intenti italiani, che comunque già prevedevano una svolta green ma sul fronte delle accise. Il Consiglio Ue ha deciso di eliminare gradualmente le aliquote Iva ridotte o le esenzioni sui combustibili fossili e altri beni con un impatto simile sulle emissioni di gas a effetto serra entro il 1° gennaio 2030. Le aliquote ridotte e le esenzioni per i fertilizzanti chimici e i pesticidi chimici scadranno entro il 1° gennaio 2032, per dare i piccoli agricoltori hanno più tempo per adattarsi. Senza dimenticare, poi, che nell’elenco beni e servizi rispettosi dell’ambiente per i quali sono consentite aliquote ridotte, come pannelli solari, biciclette elettriche e servizi di riciclaggio dei rifiuti.

In sostanza la leva dell’Iva sarà utilizzata anche in chiave di transizione ecologica, ma necessariamente si tratterà di un passaggio non indolore sui settori produttivi più tradizionali. A maggior ragione se si considera che, come anticipato, tra gli obiettivi della delega italiana c’è già quello di intervenire sul fronte delle accise per contribuire alla riduzione progressiva delle emissioni di gas «climalteranti» e alla promozione dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed ecocompatibili.

Ma sull’Iva i tempi di intervento tra delega fiscale, che con i decreti attuativi dovrebbe essere operativa dal 1° gennaio 2023, e quelli indicati dal Consiglio Ue, che sull’addio alle agevolazioni Iva ha rinviato l’effetto al 2030.

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