Imposte

Sull’azienda ceduta il nodo avviamento

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di Giorgio Gavelli, Fabio Giommoni e Renato Sebastianelli

Il valore dell’azienda ceduta è spesso oggetto di contenzioso, in particolare nell’imposizione indiretta (per le imposte dirette e per l’Irap le presunzioni sono limitate dal comma 3 dell’articolo 5 del Dlgs 147/2015).

Nella cessione d’azienda o di ramo d’azienda l’imposta di registro si applica sul «valore venale in comune commercio» del complesso ceduto, comprensivo dell’avviamento» (articolo 51 Dpr 131/1986). La questione più problematica è sicuramente quella della determinazione dell’avviamento, anche perché esistono svariati metodi di valutazione delle aziende (patrimoniali, reddituali, misti, finanziari, eccetera) che possono condurre a diversi valori di tale posta.

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Il metodo di calcolo

In sede di accertamento dell’imposta di registro gli uffici sono soliti ricorrere al metodo matematico che era previsto dall’articolo 2, comma 4, Dpr 460/96, in materia di accertamento con adesione, in base al quale il valore dell’avviamento è determinato moltiplicando una configurazione reddituale dell’azienda per un coefficiente pari a 3 (ridotto a 2 in alcune ipotesi). Nell’ambito di tale procedimento il reddito dell’azienda è individuato:

sulla base degli elementi desunti dagli studi di settore o, in difetto;

sulla base della percentuale di redditività applicata alla media dei ricavi accertati o, in mancanza, dichiarati ai fini delle imposte sui redditi negli ultimi tre periodi d’imposta anteriori a quello in cui è intervenuto il trasferimento.

Le disposizioni del Dpr 460/96 non sono più in vigore da anni, ma i criteri di determinazione dell’avviamento sono stati ritenuti comunque applicabili dall’agenzia delle Entrate con la comunicazione di servizio n. 52/2003. Questo metodo di calcolo dell’avviamento ha il pregio di essere relativamente semplice da applicare. È però un metodo “forfettario” che non tiene conto di tanti fattori che influenzano la valutazione dell’avviamento dell’azienda oggetto di cessione, quali il settore in cui opera, la concorrenza a cui è esposta, eccetera.

La giurisprudenza

Per tali motivi la giurisprudenza, sebbene in modo non sempre univoco, ha evidenziato che a tale criterio non può essere attributo un valore assoluto in quanto non si può prescindere da un’attenta e concreta analisi della realtà aziendale per determinare l’avviamento. La Cassazione ha ribadito, anche di recente, che il metodo in oggetto ha il compito di determinare i valori minimali dell’avviamento in funzione dell’accertamento con adesione, sicché al di fuori di tale ambito la sua applicazione integra un semplice indizio a favore dell’amministrazione (pronunce 7941/2019, 24064/2018 e 9089/2017, che richiama la sentenza n. 16705/2007). L’ufficio, pertanto, può basare l’accertamento del valore dell’avviamento ai fini dell’imposta di registro sul metodo matematico previsto dall’articolo 2 del Dpr 460/96, ma deve essere concessa al contribuente la possibilità di dimostrare, applicando parametri diversi da quelli previsti, un valore di avviamento inferiore a quello accertato (Cassazione 7750/2019).

Questa conclusione presenta tuttavia anche un «rovescio della medaglia», poiché si potrebbe ritenete che il contribuente sia al sicuro da accertamenti qualora indichi in atto un valore dell’avviamento calcolato secondo questo metodo, anche perché la stessa amministrazione, con la comunicazione n. 52/2003, ha ritenuto che anche il contribuente potesse determinare il valore di avviamento secondo il metodo in oggetto. Alla luce dei chiarimenti della giurisprudenza di legittimità, tuttavia, il criterio di valutazione dell’avviamento non è però vincolante per l’amministrazione la quale se ne può anche discostare, sostituendolo con altri ritenuti maggiormente significativi, purché, però, fornisca gli elementi idonei a supportare questa scelta metodologica (Cassazione 4931/2012).

Di conseguenza, anche qualora l’importo dell’avviamento indicato nell’atto di vendita dell’azienda sia conforme al metodo previsto dal Dpr n. 460/96, non si può escludere un possibile contenzioso fiscale.

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