Imposte

Sulle fattorie didattiche incombe il prelievo delle attività d’impresa

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di Luigi Ferrajoli

La fornitura di beni e servizi connessi alle attività agricole presuppone il prevalente utilizzo di beni strumentali propri dell’imprenditore nonché il loro «normale impiego» nell’attività agricola principale. In linea con l’attuale formulazione dell’articolo 2135 del Codice civile, per tali tipologie di attività connesse si applica la tassazione forfettaria (articolo 56-bis del Tuir), solo se – considerando l'attività di appendice in rapporto a quella principale – è verificata la sussistenza di specifici requisiti di accessorietà economica, di strumentalità, oltre al rispetto di specifici parametri di dimensione organizzativa.

Come a più riprese statuito dalla Cassazione per gli agriturismo (tra le tante, sentenza 16685/15), se le dimensioni delle attività accessorie determinano la perdita di ogni collegamento funzionale e organico con l’impresa agricola principale, il reddito prodotto va qualificato come reddito d’impresa (senza poter beneficiare della fiscalità di favore prevista dall’articolo 5 della legge 413/1991).

La crescente multifunzionalità dell’impresa agricola ha portato, più semplicemente, a una sua progressiva espansione ben oltre il contemporaneo limite del concetto di agrario. Tale evenienza, peraltro, non ha giovato all’esatta collocazione, anche in relazione ai connessi aspetti di matrice fiscale, di talune attività che, piuttosto che restare astrattamente attratte all’attività agricola principale, imporrebbero la previsione di un’autonoma disciplina sotto il profilo civilistico, con i conseguenti effetti in termini di regimi di tassazione.

Le attività «sociali»

Le fattorie didattiche, ad esempio, soggiacciono alle prescrizioni dell’articolo 56-bis, comma 3, del Tuir, in materia di imposte dirette, godendo di una tassazione forfettaria del 25% dei corrispettivi fatturati, a patto che si sviluppino tramite l’utilizzo in forma prevalente di attrezzature normalmente impiegate nell’attività agricola. Sono circostanze, a dire il vero, di difficile realizzazione pratica e questo determina la sistematica fuoriuscita di tali attività da ogni beneficio fiscale, senza possibilità di accesso a step agevolativi intermedi.

Quanto sopra risulta ancora più evidente se si considera che le fattorie didattiche – nell’ambito dei servizi connessi a un’azienda agricola sempre più aperta ai flussi urbani e turistici e alle esigenze sociali – sono solite offrire specifici percorsi di pet therapy.

Il tentativo di mantenere attratto al regime agrario il reddito generato da attività addirittura subordinate a specifiche autorizzazioni sanitarie – per le quali, peraltro, è richiesto il possesso di competenze profondamente diverse rispetto a quelle necessarie per la conduzione di un fondo agricolo – non può che generare, nella migliore delle ipotesi, insidiosi effetti distorsivi sull’attività agricola principale. Si pensi all’utilizzo del cavallo, quale animale di affezione e rieducazione, all’interno di una fattoria didattica; una struttura così organizzata può godere delle agevolazioni fiscali in tema di reddito agrario solo se tali attività rieducative si sviluppano in ossequio ai requisiti statuiti dall’articolo 2135, comma 3, del Codice civile.

Se per la qualificazione del reddito derivante dall’attività di allevamento di animali come reddito agrario deve sussistere un determinato rapporto tra fabbisogno di mangimi e potenzialità del terreno condotto dall’agricoltore, con una sostanziale differenza di trattamento tra i cavalli impegnati in competizioni sportive e quelli reduci o non ancora avviati a tali attività, nel caso in cui tali animali siano utilizzati per connesse attività di riabilitazione e reinserimento sociale è necessario che essi siano normalmente impiegati nell’azienda agricola e che le attrezzature utilizzate per la pet therapy siano anche asservite all’attività principale (si veda anche la legge 141/2015 sull’impresa agricola sociale).

La carenza del requisito prescritto, come spesso accade, determina la perdita di ogni beneficio fiscale, equiparando l’attività così realizzata a quella di un’impresa commerciale, con recupero a tassazione piena dell’intero reddito prodotto e senza alcuna possibilità di accesso alle agevolazioni previste per le prestazioni sanitarie tipiche.

La trasformazione

In generale, un settore delicato è quello delle attività di trasformazione di prodotti agricoli. Proprio analizzando quest’ambito, emerge chiaramente come l’agricoltura abbia allargato i propri margini di azione, favorita da un approccio legislativo – di matrice unionale e interna – che ha progressivamente ricondotto al genus delle attività agricole business completamente estranei al settore primario, che (ne è un esempio la green economy) tendono addirittura a disincentivare la coltivazione dei fondi agricoli a favore di alternativi utilizzi del terreno. Probabilmente, meriterebbero una revisione sia l’articolo 2135 del Codice civile, la circolare 44/E/2004, che tratta dell’esternalizzazione dei processi di trasformazione della produzione agricola.

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