Imposte

Super Ace in cortocircuito con la distribuzione degli utili

L’attribuzione di dividendi per ridurre il prelievo sui soci mette a rischio il beneficio

di Giorgio Gavelli

I benefici effetti derivanti delle capitalizzazioni operate dai soci nel corso del 2021, così come delle loro rinunce a crediti finanziari e dell’accantonamento a riserva di utili, grazie al meccanismo della super Ace per cui da oggi sarà possibile esercitare le opzioni per la conversione in credito d’imposta (si veda l’articolo) dopo la diffusione dei software di compilazione e controllo da parte delle Entrate, potrebbe essere vanificato dalle delibere di distribuzione dei dividendi che le società hanno programmato per i prossimi mesi in virtù del regime transitorio di imposizione dei dividendi derivanti da partecipazioni qualificate. Vediamo perché.

L’agevolazione prevista dall’articolo 19, commi da 2 a 7, del Dl 73/2021 consente di maggiorare al 15% l’aliquota applicata agli incrementi di capitale proprio del periodo d’imposta 2021 rispetto a quello esistente alla chiusura del periodo 2020, nel limite di 5 milioni di euro, al fine della determinazione del quantum di detassazione del reddito imponibile prescritta dall’articolo 1 del Dl 201/2011. Favoriscono questi incrementi sia la disapplicazione specifica del pro rata temporis (per cui versamenti effettuati nel prossimo mese di dicembre, ad esempio, producono lo stesso effetto di quelli operati a gennaio 2021) sia la sospensione (altrettanto peculiare) del limite del patrimonio netto. Tuttavia, i commi 4 e 5 della disposizione prevedono un meccanismo di recapture del beneficio – diversificato a seconda che si mantenga il vantaggio in dichiarazione o si opti per una sua monetizzazione tramite credito d’imposta – volto essenzialmente ad evitare che la variazione in aumento del capitale proprio “premiata” venga ridotta (entro il secondo periodo d’imposta successivo) per effetto di distribuzioni del patrimonio netto. In buona sostanza (ed in attesa dei chiarimenti ufficiali ancora assenti), se nel lasso temporale indicato si ha una riduzione netta di capitale proprio (non dovuta a perdite), il beneficio di cui si è goduto viene proporzionalmente restituito.

Questa disposizione di recupero – del tutto comprensibile in ottica anti-abuso – va però collocata accanto alla disciplina temporanea di tassazione dei dividendi prevista dalla legge di Bilancio 2018, segnatamente dall’articolo 1, comma 1006, della legge 205/2017. Per effetto di tale disposizione, in deroga alla regola generale secondo cui gli utili erogati da soggetti Ires sono assoggettati in capo alla persona fisica alla ritenuta a titolo d’imposta del 26% indipendentemente che la partecipazione sia qualificata o meno, per gli utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017 viene fatto salvo per il socio qualificato il regime previgente (generalmente più mite), nel caso in cui la distribuzione sia deliberata entro il 31 dicembre 2022.

Di conseguenza, è frequente rilevare come le società di capitali che hanno ancora in patrimonio riserve di utili “stagionate” (non in sospensione d’imposta) abbiano pianificato per il 2022 di deliberare una distribuzione di dividendi, non necessariamente con erogazione immediata, al fine di favorire i soci qualificati che, in genere, sono quelli che hanno il potere decisionale.

Così facendo, tuttavia, in presenza di decrementi patrimoniali non controbilanciati da incrementi di pari importo nel medesimo periodo (ad esempio utili accantonati a riserva), si innescherebbe il recapture su eventuali benefici super Ace fruiti con riferimento al 2021, al limite rendendo completamente neutrale l’agevolazione. Ciò a meno che la norma non possa essere interpretata considerando di imputare prioritariamente i decrementi realizzati con la distribuzione di riserve “stagionate” non agli incrementi super Ace, ma a quelli (eventuali) accumulati in regime di Ace ordinaria, vale a dire quelli prodotti sino al 2020 e quelli creatisi nel 2021 su importi superiori al tetto agevolabile di 5 milioni di euro. In attesa di chiarimenti ufficiali, è evidente che le politiche in tema di ricapitalizzazione non possono non tener conto dell’effetto combinato di entrambe le disposizioni.

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