Imposte

Bonus cedibile «in caso di locazione»: l’emendamento replica (in parte) la circolare

La modifica del Parlamento conferma la cessione «in conto canone» e la rilevanza fiscale in capo all’acquirente

Prima le istruzioni delle Entrate sul tax credit locazioni, poi la legge. Per una curiosa coincidenza, proprio il giorno successivo a quello in cui l’Agenzia ha emanato il provvedimento sulla cessione del bonus, la commissione Bilancio della Camera ha votato un emendamento che conferma la possibilità di cedere il credito d’imposta. Nella serata di giovedì 2 luglio, i deputati hanno approvato questo inciso (da aggiungere come comma 5-bis all’articolo 28 del Dl 34/2020): «In caso di locazione, il conduttore può cedere il credito d’imposta al locatore, previa sua accettazione, in luogo del pagamento della corrispondente parte del canone».

In realtà, non c’erano dubbi che il tax credit locazioni previsto dal decreto Rilancio potesse essere ceduto al locatore. Se mai, ci si era chiesti se l’inquilino dovesse prima pagare tutto il canone e poi dopo cedere il credito d’imposta, facendosi restituire la parte corrispondente al credito stesso. Era un interrogativo generato dallo stesso comma 5 dell’articolo 28, secondo cui il bonus è «commisurato all’importo versato nel periodo d’imposta 2020 con riferimento a ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio». Già la circolare 14/E delle Entrate aveva chiarito che si può cedere il credito d’imposta «in conto canone». Ad esempio, su un canone di 1.000, l’inquilino potrebbe versare 400 con bonifico e saldare i restanti 600 con la cessione del bonus. Anche il provvedimento del 1° luglio conferma questa interpretazione, chiedendo di indicare la data di cessione del credito nella comunicazione che dovrà essere inviata alle Entrate dal 13 luglio, proprio per informare il Fisco dell’avvenuto trasferimento del bonus.

L’emendamento, peraltro, non è impeccabile nella formulazione, perché inizia dicendo «in caso di locazione». Va però tenuto presente che il tax credit previsto dall’articolo 28 spetta anche in caso di leasing (per quanto raramente, essendo agevolati i soli leasing operativi e non quelli finanziari), concessione, affitti di aziende e contratti di servizi e prestazioni complesse. Non c’è dubbio che anche in queste ipotesi il bonus sia cedibile: lo conferma l’articolo 122 dello stesso decreto Rilancio. E allora cosa vuol dire la nuova norma? Che in caso di cessione al locatore dell’azienda o al concedente l’immobile occorre che l’inquilino versi interamente il canone e si faccia restituire il valore del bonus? Sarebbe un esito paradossale, che si tradurrebbe in una complicazione e che quindi va subito scongiurato.

Insomma, se da un lato è apprezzabile la volontà del Parlamento di chiarire una norma mal scritta (e già precisata dalle Entrate andando oltre la lettera della legge), dall’altro va sottolineata una tecnica legislativa dove la complicazione è sempre in agguato.

Con l’emendamento approvato il 2 luglio viene inoltre aggiunto, alla fine del comma 6 dell’articolo 28, l’inciso «salvo quanto previsto al comma 5-bis del presente articolo». Siccome l’ultimo periodo del comma 6 è quello che prevede l’irrilevanza del tax credit ai fini delle imposte dirette e dell’Irap, pare qui che il legislatore abbia voluto avallare la tesi – già espressa nella circolare 14/E – secondo cui l’eventuale differenziale tra valore nominale del bonus e prezzo d’acquisto va tassata in capo all’acquirente (pensiamo a chi acquisti per 500 il credito di 600: dovrà considerare i 100 di differenza come sopravvenienza attiva). Se è così resta il tema se il presupposto della tassabilità dell’eccedenza si realizzi sempre e a prescindere dalla qualifica del locatore o se, invece, il presupposto resti limitato ai casi di locatori/cessionari che operano in regime d’impresa come sembra orientarsi la circolare 14/E.

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