Imposte

Mascherine, disinfettanti e Dpi: la fattura documenta l’acquisto per il tax credit

Utile una descrizione idonea a individuare in maniera inequivocabile il costo sostenuto

Credito d’imposta per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro in cerca di istruzioni. Scadeva, infatti, il 16 aprile il termine ultimo per l’emanazione del decreto attuativo che il ministro dello Sviluppo economico, di concerto con il Mef, avrebbe dovuto adottare per stabilire criteri/modalità di applicazione, nonché di fruizione del credito d’imposta originariamente previsto dall’articolo 64 del Dl 18/2020.

Si tratta dell’agevolazione stabilita in favore degli esercenti attività d’impresa, arte e professione per le spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro sostenute nell’anno 2020, a cui ha fatto seguito la recente estensione ad opera dell’articolo 30 del Dl 23/2020 (decreto liquidità) che prevede, per l’appunto, la spettanza del suddetto credito anche per le spese sostenute per l’acquisto di dispositivi di protezione nei luoghi di lavoro.

Il credito è calcolato nella misura pari al 50% della spesa sostenuta e documentata e fino a un limite massimo di 20mila euro per ciascun contribuente. È riconosciuto fino ad un tetto complessivo di 50 milioni di euro (stanziamento di risorse disponibili) valido per tutto l’anno 2020.

A preoccupare, oltre al ritardo legislativo che genera l’assenza di istruzioni operative, è il contingente di spesa previsto. Molte aziende, infatti, hanno dovuto fare un massiccio ricorso ad imprese specializzate nella sanificazione di ambienti e strumenti di lavoro, i cui costi stanno lievitando proprio a causa della ciclicità con cui questi interventi si stanno ripetendo facendo inevitabilmente lievitare la spesa.

Il credito d’imposta poi non distingue a seconda della tipologia del contribuente. Per cui in linea di principio esso spetta per le imprese, come per i professionisti, nonché per la ditta individuale, come per la società di persone o di capitali e per l’ente non commerciale. Nessuna distinzione nemmeno a seconda delle dimensioni dell’impresa; per cui vale ad ogni modo lo stesso limite massimo di 20mila euro per ciascun contribuente indipendentemente dal volume e dall’ambito (sanificazione piuttosto che dispositivi di protezione individuale) di spesa sostenuta

Se si considera poi, come detto, che il beneficio viene semplicemente esteso anche ai dispositivi di protezione individuale questo è di certo un bene sotto il profilo dell’equità , ma se il contingente di spesa rimane lo stesso, come indicato nel decreto 23/2020, il rischio è che le risorse vadano ben presto esaurite.

Anche perché, ad oggi non abbiamo istruzioni pratiche su come verrà gestito l’accesso al credito, cosa che sta disorientando effettivamente la platea dei possibili beneficiari, che nel frattempo stanno affrontando i relativi costi. Nessuno dei decreti (Dl 18 e Dl 23/2020) che ha disposto l’agevolazione parla di procedure particolari in ordine alla documentazione della spesa, né alla necessità che detto costo sia anche pagato.

È quindi lecito aspettarsi che anche il futuro decreto attuativo non debba introdurre ulteriori balzelli sotto questo punto di vista. Per cui, è ragionevole pensare che possa bastare la semplice fattura ricevuta, con una descrizione idonea ad individuare in maniera inequivocabile il costo sostenuto al fine di poter accedere al beneficio.

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