Adempimenti

Terreni incolti nella dichiarazione, più disturbi che oneri

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di Gian Paolo Tosoni

I terreni agricoli incolti sono soggetti a tassazione piena in sede di modello Unico 2015; ciò in seguito alla abolizione della precedente agevolazione prevista dal dl 91/2014. Fino allo scorso anno i terreni incolti scontavano l'Irpef sul reddito dominicale ridotto al 30% mentre il reddito agrario era escluso da tassazione. La modifica normativa è intervenuta con effetto dal 25/6/2014, tuttavia, in base alle istruzioni ministeriali al modello Unico, gli effetti decorrono per l'intero periodo di imposta.
Fatto sta che, in sede di dichiarazione dei redditi, i proprietari di terreni incolti dovranno dichiarare il reddito dominicale rivalutato prima dell'80% e poi del 15%, nonché il reddito agrario rivalutato del 70% e poi del 15%; la percentuale del 15% è ridotta al 5% se i terreni sono posseduti da soggetti con la qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale iscritto all'Inps.
E' la seconda volta che i terreni incolti entrano nel mirino del legislatore, il quale li aveva riscoperti anche ai fini dell'Imu con il provvedimento introduttivo dl 201/2011; così, sulla stessa scia, viene azzerata anche l'agevolazione ai fini delle imposte dirette. Per la verità, tale obbligo rappresenta più un disturbo per il contribuente che un effetto oneroso; infatti, i terreni incolti che per loro natura non sono affittati, non scontano l'Irpef sul reddito dominicale in quanto soggetti ad imu. A meno che non si tratti di terreni montani e parzialmente montani esenti dall'imposta municipale ai sensi della legge n. 34/2015. Ricordiamo che la tassazione ai fini delle imposte dirette ha come oggetto i terreni che hanno, quanto meno in via potenziale, un'attitudine all'esercizio di una attività agricola, come previsto dagli articoli 27 e 32 del Tuir. Infatti, ad esempio, un terreno pertinenziale di un fabbricato, non è comunque soggetto a tassazione su reddito dominicale e agrario in quanto distratto dalla coltivazione agricola. Neppure un lotto di terreno collocato in un'area edificabile urbanizzata o semi-urbanizzata può avere destinazione agricola, per cui il proprietario nulla deve dichiarare ai fini Irpef. Invece, se l'area edificabile è contenuta in un piano senza che siano state avviate le opere e quindi il terreno è di fatto coltivabile, allora scatta l'obbligo della tassazione su base catastale.
La circostanza che il terreno incolto sia soggetto ad imposta, senza riduzioni, coinvolge anche i soggetti diversi dalle persone fisiche, società semplice ed enti non commerciali il cui regime naturale è quello relativo ai redditi fondiari. Infatti, un terreno agricolo incolto può essere posseduto anche da una società commerciale e, proprio perché non è direttamente destinato alla attività agricola, scatta l'obbligo della imputazione del reddito catastale ai sensi dell'articolo 90 del Tuir in quanto immobile patrimonio. Si ritiene che in questi casi, tuttavia, le società commerciali non debbano imputarsi anche il reddito agrario in quanto nel loro caso, se la conduzione fosse esercitata dovrebbero determinare il reddito in base al bilancio (articolo 27, comma 2 del Tuir). Invece, una società agricola ai sensi dell'articolo 2 d.lgs. 99/2004 (Snc, Sas, Srl) che abbia optato per la tassazione catastale e disponga anche di un terreno incolto, deve imputarsi anche il reddito agrario.
Si tratta, in sostanza, di una disposizione che genererà scarsissimo gettito per l'erario ma che arreca disturbo ai proprietari i quali devono modificare le regole di imputazione del reddito dei terreni incolti in confronto a quelle applicate in passato.

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