Terzo settore, dalle nuove regole fiscali una spinta per le imprese
Il Consiglio dei ministri ha recentemente approvato il decreto legislativo che, in attuazione alla legge delega n. 106 del 6 giugno 2016, prevede la redazione di un “Codice” finalizzato al riordino e alla revisione organica delle disposizioni normative, incluse quelle fiscali, relative agli enti del terzo settore. Si tratta di un settore strategico per il sistema economico del Paese, sia perché dà supporto alla fascia più debole della popolazione, in costante e preoccupante aumento, sia perché può contribuire alla creazione di nuovi posti di lavoro qualificati e alla crescita del prodotto interno lordo. Per tale ragione, la semplificazione e modernizzazione dell’impianto giuridico e fiscale erano necessarie e attese ormai da tempo.
Sotto il profilo fiscale molte sono le novità, ma appare particolarmente rilevante l’incremento dei limiti entro i quali le imprese possono dedurre le liberalità effettuate a favore degli enti del terzo settore. A partire dal 1° gennaio 2018, infatti, tali liberalità saranno deducibili dal reddito d’impresa del soggetto erogatore nell’ammontare massimo del 10% del reddito dichiarato e senza l’ulteriore limite di 70.000 euro attualmente previsto per le donazioni effettuate a favore delle onlus. In tal modo viene offerto un efficace incentivo alle donazioni effettuate da parte delle medie e grandi imprese.
Un paio di modifiche integrative sarebbero, tuttavia, auspicabili al fine di aumentare l’efficacia della norma.
Innanzitutto, potrebbe essere previsto un meccanismo che ai fini del limite di deducibilità delle erogazioni liberali consenta di fare riferimento al 10% del reddito imponibile non già delle singole società ma del consolidato di gruppo. Una disposizione di questo tipo consentirebbe di concentrare la gestione di tutte le attività filantropiche a livello della società holding che, in quanto generalmente “carente” di reddito imponibile proprio, risulterebbe altrimenti esclusa dall’incentivo fiscale. In tal modo, si eviterebbe ogni forma di interferenza a livello delle singole società operative, con riflessi sulla loro governance e sulla responsabilità dei relativi amministratori in caso di eventuali successive crisi d’impresa. In assenza di tale modifica normativa, l’erogazione liberale da parte delle società operative potrebbe essere difficoltosa in caso di società quotate ancorché controllate da una holding di famiglia o in presenza di soci di minoranza.
Prendendo spunto dalla disciplina prevista per la deducibilità degli interessi passivi, si potrebbe inoltre prevedere la possibilità del “riporto in avanti”, senza limiti di tempo, sia dell’ammontare di erogazioni liberali che in un determinato periodo d’imposta eccedono la soglia del 10% del reddito dichiarato, sia dell’ammontare di tale soglia che non dovesse essere interamente utilizzata. Ciò consentirebbe di stabilizzare l’ammontare complessivamente destinato alle erogazioni liberali evitando che lo stesso possa essere eccessivamente condizionato dal reddito imponibile del singolo periodo d’imposta.