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Terzo settore, tassazione più mirata sulle attività connesse

La riforma porta regimi calibrati in base alla concreta organizzazione e natura (commerciale o meno) dell’ente

di Martina Manfredonia e Gabriele Sepio

Attività Onlus alla prova della riforma del Terzo settore. Il Dlgs 117/2017 (Codice del Terzo settore) e il Dlgs 112/2017 (decreto sull’impresa sociale) rivoluzionano la classificazione delle attività degli enti non profit, il cui antecedente più prossimo è costituito dalla disciplina Onlus (articolo 10 del Dlgs 460/1997). Proprio per queste ultime sarà importante valutare cosa cambia nel passaggio al Registro unico del Terzo settore (Runts) in termini di inquadramento dell’oggetto sociale.

La normativa Onlus divide le attività in due categorie:

quelle istituzionali, che costituiscono la mission dell’ente;

quelle connesse, ossia attività strumentali ed accessorie rispetto alle prime.

Le attività istituzionali
Sul primo fronte, i settori di solidarietà sociale delle Onlus sono tassativamente individuati e distinti in due tipologie, a seconda che le finalità siano collegate alle condizioni dei soggetti destinatari oppure siano considerate immanenti per espressa previsione normativa.
Rientrano nella prima categoria (attività a solidarietà condizionata), le attività svolte a favore di «persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari» o di «componenti di collettività estere, limitatamente agli aiuti umanitari», in settori quali l’assistenza sanitaria, l’istruzione e la formazione, lo sport dilettantistico, la promozione della cultura e dell’arte, nonché la tutela dei diritti civili.

In arrivo il Registro unico per gli enti del terzo settore / 3

Accanto a queste, la disciplina Onlus contempla le attività a «solidarietà immanente», considerate meritevoli di tutela a prescindere dai destinatari. Vi rientrano i settori dell’assistenza sociale, sociosanitaria e la beneficienza – ove la condizione di svantaggio dei beneficiari è insita nella nozione stessa dell’attività – nonché della tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse storico e artistico o della natura e dell’ambiente e la ricerca scientifica di particolare interesse sociale – in cui il fine solidaristico si intende intrinsecamente perseguito perché rivolto a favore della generalità collettiva.

Le attività connesse
Oltre alle quelle istituzionali, le Onlus possono svolgere attività «direttamente connesse», seppure in via limitata (non prevalenti e i cui proventi non superino il 66% dei costi complessivi). Il concetto di «connessione» è definito dal legislatore e varia in base alla tipologia di attività. In particolare, per quelle a «solidarietà condizionata» (articolo 10, comma 1, nn. 2, 4, 5, 6, 9 e 10), si considerano connesse le attività svolte nei medesimi settori ma in assenza delle condizioni di svantaggio dei beneficiari. Per le attività a «solidarietà immanente», invece, sono connesse «le attività accessorie per natura a quelle statutarie istituzionali, in quanto integrative delle stesse». Si tratta, ad esempio, di attività strutturalmente funzionali, sotto il profilo materiale, quali la vendita di depliant o di oggetti di modico valore in occasione di campagne di sensibilizzazione, nonché la formazione del personale specializzato da inserire nell’organizzazione (circolare 168/1998).

Il cambio di impostazione
Ebbene, nel Terzo settore questa impostazione è destinata a cambiare radicalmente. Le attività istituzionali sono elencate tassativamente dai decreti di riforma (articolo 5 del Codice del Terzo settore e 2 del Dlgs 112/2017) e in genere prescindono dalla condizione di svantaggio dei soggetti beneficiari. Tale nozione, ritorna nella riforma solo per determinate attività. È il caso, ad esempio, dell’erogazione di denaro, beni o servizi a sostegno di persone svantaggiate (articolo 5, lettera u del Codice del Terzo settore) o dell’impresa sociale, che può svolgere attività in settori diversi da quelli dell’articolo 2, purché vi siano occupati lavoratori molto svantaggiati o persone svantaggiate/disabili (articolo 2, comma 4, Dlgs 112/2017).

In più, gli enti potranno svolgere per la prima volta anche attività «diverse» - purché secondarie e strumentali (articolo 6 del Cts e 2, comma 3, del Dlgs 112/2017) - senza perdere la relativa qualifica e devolvere il patrimonio (come accadeva nella disciplina Onlus, si veda la circolare 59/E del 2007).

Tali differenze avranno risvolti anche sotto il profilo fiscale. Si passerà, infatti, dalla generale non imponibilità del regime Onlus (per le attività istituzionali e connesse) a regimi tributari calibrati in base alla concreta organizzazione e natura (commerciale o meno) dell’ente e delle attività svolte, con trattamenti agevolati per gli enti del Terzo settore non commerciali, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale.