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Patrimoni all’estero, anche il Terzo settore obbligato a versare Ivie e Ivafe

Dal 2020 attività finanziarie e immobili oltreconfine determineranno un impatto economico per gli enti

di Martina Manfredonia e Gabriele Sepio

Ivie e Ivafe anche per gli enti non commerciali. La legge di Bilancio 2020 (legge 160/2019, commi 710 e 711) ha esteso l’ambito di applicazione delle imposte sul valore degli immobili (Ivie) e dei prodotti finanziari all’estero (Ivafe) a tutti i soggetti tenuti agli obblighi di monitoraggio fiscale ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del DL 167/1990, ossia – oltre alle persone fisiche – anche enti non commerciali, società semplici residenti e soggetti equiparati (articolo 5 Tuir) residenti in Italia.

Il collegamento con l’estero
La novità va valutata attentamente da tutte le realtà del mondo non profit che hanno un collegamento con Paesi stranieri, ad esempio attraverso sedi operative dislocate all’estero o attività finanziarie in ottica di investimento. Lo stesso dicasi per enti di diritto straniero che per la maggior parte del periodo d’imposta abbiano la sede legale o dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio italiano. Fino ad ora, per le attività finanziarie e patrimoniali estere c’era solo l’obbligo di monitoraggio fiscale attraverso la compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi. Dal 2020 questi cespiti determineranno un impatto economico per gli enti, dato dal pagamento di Ivie e Ivafe.

Dal punto di vista soggettivo, il nuovo obbligo riguarda tutti gli enti non commerciali, ossia quelli che hanno come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività non commerciale.

A rigore, dovrebbero rientrarvi anche gli enti del Terzo settore (Ets) che si iscriveranno al Registro unico nazionale, anche se in concreto potrebbero esserci delle distinzioni. Per gli Ets, infatti, al di là dello statuto andrebbe verificata la natura commerciale o meno in base all’articolo 79, comma 5 del Dlgs 117/2017 (con presumibile esonero degli Ets commerciali).

Le imprese sociali, invece, dovrebbero essere sempre esonerate, sia quelle costituite in forma, sia quelle che adottano altre vesti giuridiche.

Il presupposto per l’Ivie
Presupposto dell’Ivie è la proprietà o la titolarità di altro diritto reale su immobili all’estero, nonché la detenzione a titolo di locazione finanziaria. L’imposta è pari allo 0,76% del valore degli immobili, calcolata in proporzione alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali il possesso si è protratto, con una franchigia di 200 euro. Il valore da utilizzare varia a seconda del luogo in cui sono situati gli immobili. Nello specifico, per i paesi appartenenti all’Unione europea o allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, si considera in via prioritaria il valore catastale e, in mancanza, il costo che risultante dall’atto di acquisto e, in assenza, il valore di mercato nel luogo in cui è situato l’immobile. Per tutti gli altri stati, invece, rilevano solo questi ultimi due criteri, non essendo possibile il riferimento al valore catastale.

Le attività finanziarie all’estero
Per l’Ivafe, l’imposta è pari al 2 per mille del valore dei prodotti finanziari detenuti all’estero ed è in misura fissa (100 euro) per i libretti di risparmio e conti correnti.

In entrambe i casi, per evitare doppie imposizioni, dalle imposte così determinate si deduce, fino a concorrenza del rispettivo ammontare, un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello stato estero dove sono situati i beni o detenuti i prodotti finanziari.