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Impresa sociale, niente controllo da parte di soggetti con finalità di lucro

L’articolo 4, comma 3, del Dlgs 112/2017 fissa un vincolo rigido. Più flessibilità sulle partecipazione negli enti del Terzo settore

di Martina Manfredonia e Gabriele Sepio

In vista della messa in funzione del Registro unico, il tema del controllo nell’ambito del Terzo settore si fa sempre più presente anche nei documenti di prassi, al fine di indirizzare gli enti verso un adeguamento corretto alle nuove disposizioni. La questione è di particolare interesse per il mondo profit, sempre più spesso impegnato in sinergia con enti non commerciali per il perseguimento di attività di interesse sociale.

A questo riguardo, due sono le prospettive da analizzare: dal lato passivo, quali soggetti possono partecipare/controllare enti del Terzo settore (Ets) e imprese sociali (Is); dal lato attivo, le possibilità di partecipazioni, anche di controllo, di Ets e Is in altri enti.

Sul primo fronte, alcune indicazioni arrivano dalla risposta del ministero del Lavoro dello scorso 5 febbraio, con conclusioni diverse per gli enti del Terzo settore e le imprese sociali. I primi possono essere partecipati/controllati sia da altri enti non lucrativi sia da imprese profit, ferma restando la necessità di osservare le norme relative alla natura e alla finalità degli Ets (ad esempio il perseguimento senza scopo di lucro delle finalità solidaristiche che costituiscono l’oggetto sociale). Alcune limitazioni sono previste solo per organizzazioni di volontariato (Odv) e associazioni di promozione sociale (Aps). Queste ultime, a causa della forte componente personalistica e della base volontaria, possono associare altri Ets o enti non commerciali (purché il loro numero non superi il 50% delle Odv/Aps associate) ma non anche soggetti lucrativi.

Discorso diverso per le imprese sociali. L’articolo 4, comma 3, del Dlgs 112/2017 vieta espressamente alle società con un unico socio persona fisica e ad enti con scopo di lucro di esercitare attività di direzione e coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, il controllo di un’impresa sociale. Specificando che tale attività si presume in presenza di un soggetto che, per statuto o per altre ragioni, abbia la facoltà di nominare la maggioranza dei componenti dell’organo amministrativo dell’impresa. Il divieto è analogo a quello già previsto dalla previgente disiciplina (Dlgs 155/2006) e dovrebbe trovare la sua ratio nella salvaguardia del perseguimento degli scopi da parte dell’impresa sociale. Quest’ultima si differenzia rispetto agli altri Ets per l’utilizzo di un’organizzazione imprenditoriale per fini solidaristici. Il controllo di un soggetto profit determinerebbe una commissiotione di modelli imprenditoriali, con il rischio che l’altrui direzione e cordinamento possa tradire le finalità istituzionali a vantaggio di interessi eterogenei. Inoltre, nei rapporti interni, tale controllo potrebbe pregiudicare la democraticità dell’organizzazione.

Tanto osservato, per le imprese sociali la valutazione andrà operata caso per caso. Ad esempio, dovrebbe ritenersi ammessa una partecipazione minoritaria da parte di una società di capitali nell’impresa sociale, così come la presenza di un unico socio in forma di cooperativa sociale; mentre non sarebbe legittima un’impresa sociale costituita da un unico socio in forma di consorzio senza scopo di lucro, a sua volta composto per la maggioranza da soggetti profit (sul punto si veda la nota del ministero del Lavoro n. 4096 del 3 maggio 2019).

Passando all’analisi del controllo dal lato “attivo”, al momento non risultano ancora chiarimenti di prassi sulla possibilità per Ets e Is di detenere partecipazioni in altri enti.

Tuttavia, è possibile considerare quanto affermato dall’Agenzia delle entrate (circolare n. 38 del 2011) con riferimento alle Onlus, la cui disciplina è stata in parte utilizzata come modello per la riforma del Terzo settore. Nel dettaglio, gli Ets dovrebbero sicuramente poter detenere partecipazioni, anche di controllo, in altre realtà non lucrative, tra le quali rientrerebbero anche le imprese sociali, in qualunque forma costituite (che in ragione dei rigidi vincoli previsti dalla normativa di settore sono considerati enti non lucrativi). Mentre la possibilità di partecipare un soggetto profit (come una Srl o una Spa) dovrebbe essere limitata e consistere solo in un mero investimento, venendo meno altrimenti la natura non lucrativa dell’ente.