Imposte

Transazione imponibile da verificare caso per caso

La circolare 26 di Assonime sottolinea come l'Agenzia tenda a ravvisare sempre l'esistenza di servizi soggetti a Iva

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di Anna Abagnale e Benedetto Santacroce

L’estensione del presupposto oggettivo di applicazione dell’Iva a qualunque obbligo discenda dalla transazione tra le parti potrebbe mettere in crisi tale istituto che è, ad oggi, uno strumento essenziale per la composizione delle controversie e per la riduzione del contenzioso.

Con la circolare n. 26 del 9 settembre, Assonime dà voce alle perplessità di molti contribuenti che si trovano alle prese con accordi transattivi in riferimento ai quali alcuni debitori pretendono di considerare le somme pattuite come quantificate «al lordo» dell’Iva con effetto di far diminuire l’importo effettivamente riconosciuto, dato che a versare l’imposta all’erario è il creditore.

Ad alimentare tali atteggiamenti sono state le ultime e numerose pronunce di prassi con le quali l’Amministrazione finanziaria sembrerebbe protendere per un’applicazione generalizzata dell’Iva agli obblighi derivanti dalla transazione.

Per citare qualche caso, la risposta n. 145 del 2021 prevede che qualora gli accordi transattivi stabiliscano l’impegno di una parte a rinunciare all’esercizio di ogni ulteriore pretesa nei confronti della controparte, a fronte della percezione di una somma di denaro, tale somma vada intensa come corrispettivo previsto per l’assunzione di un obbligo di fare, non fare o permettere rilevante ai fini Iva; negli stessi termini con la risposta n. 401, l’Agenzia ha affermato che è soggetta ad imposta la somma dovuta sulla base di una transazione «a saldo, stralcio e tacitazione di qualsiasi pretesa sorta in dipendenza del contratto di appalto», ricavando l’esistenza del sinallagma dalla clausola risolutiva dell’accordo transattivo che subordina l’efficacia delle rinunce previste in tale accordo all’effettivo incasso delle somme pattuite (si vedano anche le risposte ad interpello del 2021, n. 212 e 356).

Insomma nei casi descritti, e in molti altri, l’agenzia delle Entrate tenderebbe, utilizzando le parole di Assonime «a ravvisare, sempre e comunque, l’esistenza di prestazioni di servizi imponibili in presenza di transazioni».

Criticando tale atteggiamento, l’Associazione sottolinea che, in effetti, in sede di transazione le parti possono pattuire diritti ed obblighi che, di per se stessi, costituiscono oggetto di prestazioni rilevanti agli effetti Iva, in particolare quando la transazione ha effetti novativi, anche se non è detto che tali effetti implichino sempre l’esistenza di operazioni imponibili ai fini dell’imposta.

Al riguardo, occorre quindi verificare, caso per caso, il complesso dei diritti e obblighi transati e non considerare quale operazione soggetta ad Iva qualsiasi tipo di concessione scaturente dall’accordo, in quanto definibile quale espressione di un obbligo rilevante per la specifica imposta. Sicché, secondo Assonime, dovrebbe avere natura risarcitoria e in quanto tale non rilevante ai fin Iva, la somma che il creditore riceve, a seguito della transazione, riconducibile alla responsabilità della controparte per l’inadempimento degli obblighi derivanti dal contratto.

Diversamente, l’accordo transattivo con il quale le parti concordano di anticipare la scadenza del contratto originario dietro il pagamento di un compenso potrebbe rilevare come una prestazione di servizi, che non ha per oggetto la rinuncia a far valere un proprio diritto (come nel caso della rinuncia ad esercitare un’azione giudiziaria che sembrerebbe essere piuttosto un effetto dalla transazione), ma ha un proprio contenuto specifico idoneo a modificare in termini sostanziali il rapporto contrattuale oggetto di transazione.

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