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Transfer price, il Country profile dell’Italia dà via libera ai comparabili esteri

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di Massimo Bellini e Luca Tortorella

È stato pubblicato sul sito dell’Ocse il Transfer Pricing Country Profile dell’Italia, un documento che raccoglie i principi chiave della nostra legislazione in materia di transfer pricing. Altri 54 Paesi aderenti all’Ocse hanno pubblicato i rispettivi country profile.
Il documento è predisposto sulla base delle informazioni fornite dall’amministrazione finanziaria in risposta a 29 quesiti, che affrontano temi tra cui la definizione del principio di libera concorrenza, metodi di transfer pricing, documentazione, strumenti per evitare il contenzioso eccetera. La panoramica fornita è allineata al Dm 14/2018 e conferma l’aderenza ai principi di transfer pricing internazionalmente riconosciuti, Ocse in primis.

Di particolare interesse il chiarimento fornito circa la piena validità dei comparabili non nazionali nelle analisi di benchmark, alla pari dei comparabili italiani. Anche questo aspetto è in principio già allineato alle Linee guida Ocse ed al Codice di condotta europeo sulla documentazione di transfer pricing. Tuttavia, in pratica, la selezione di comparabili esteri è stata negli ultimi anni fonte di numerosissime contestazioni. L’amministrazione ha infatti spesso rigettato le analisi predisposte dai contribuenti sulla base della sola motivazione che i comparabili non erano italiani (senza ulteriori indagini sulla reale comparabilità dei mercati) e ha poi svolto nuove analisi di benchmark includendo solo soggetti domestici che portavano a diversi intervalli di libera concorrenza, rettificando quindi i prezzi di trasferimento.

Sebbene i comparabili domestici possano fornire, grazie alle più dettagliate informazioni ottenibili pubblicamente, maggiori livelli di affidabilità rispetto a quelli cosiddetti pan-regionali, si auspica che il country profile metterà la parola fine alle contestazioni aprioristicamente basate sulla provenienza dei comparabili.

Tra i riferimenti normativi e di prassi non appare mai citata la circolare ministeriale 32 del 1980, anch’essa utilizzata tuttora dall’amministrazione come riferimento durante le verifiche fiscali, nonostante i principi Ocse abbiano da tempo superato alcuni concetti della stessa. Si pensi ad esempio alle indicazioni sui canoni di royalty ritenuti arm’s length a determinate condizioni e solo in casi eccezionali se superiori al 5% (cap. 5 della circolare) con cui talvolta sono rettificate le royalty intercompany, oppure al riferimento al principio del “mercato del mutuante”, fonte di rettifiche sulle transazioni finanziarie. È auspicabile al riguardo una conferma del definitivo superamento dei concetti della circolare.

Il country profile conclude poi affermando che l’amministrazione finanziaria è al lavoro per emanare ulteriori disposizioni applicative tra cui, come indicato nel Dm 14/2018, nuove indicazioni in merito alla predisposizione della documentazione. Dovrebbe trattarsi della revisione del contenuto della documentazione di transfer pricing ai fini della penalty protection per renderla conforme alle indicazioni Ocse (Beps, azione 13).

Non è del tutto chiaro il riferimento alla non accettazione degli aggiustamenti di fine anno. Si tratta di una prassi comune delle multinazionali, peraltro indirettamente avallata anche di recente con l’interpello n. 60/2018.

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