Imposte

Transfer pricing e decreto del 2018, giudici divisi sulla valenza retroattiva

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di Massimo Bellini e Enrico Ceriana

Il Dm 14 maggio 2018 ha fornito le indicazioni per applicare le disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, del Tuir, alla luce delle Linee guida Ocse in tema di transfer pricing. Si tratta di principi desunti dalle Linee guida del 2017, ma che in gran parte erano già presenti nelle precedenti versioni del documento Ocse, per cui si pone il problema di capire se e come possano essere applicati agli anni ante 2018. Sul punto la giurisprudenza si è pronunciata in varie occasioni.

La valenza interpretativa

La giurisprudenza di merito sembra orientata in via maggioritaria a un’applicazione con valenza interpretativa, richiamando ad esempio il Dm 2018 (oltre alle Linee guida Ocse) quale elemento a supporto per l’applicazione dell’intero intervallo dei valori derivanti dall’analisi di benchmark e non solo del range interquartile (ad esempio, Ctp Milano 188/13/2020) o il fatto che l’amministrazione finanziaria deve seguire il metodo di transfer pricing scelto dal contribuente (Ctp Milano 1429/23/2022).

L’orientamento a favore della valenza interpretativa non è tuttavia pacifico, poiché vi sono pronunce di merito, sicuramente minoritarie, secondo le quali ad esempio rileva il range interquartile e non l’intervallo dei valori, poiché il Dm 2018 non avrebbe portata retroattiva ma si potrebbe applicare solo per gli esercizi futuri (Ctp Milano 1769/17/2019).

La retroattività negata

In passato la Cassazione (sentenza 17512/2019) aveva escluso ogni incidenza retroattiva del Dm 2018, e ciò sembra riconfermato ancora recentemente. In particolare, la Cassazione ha richiamato, in maniera piuttosto sbrigativa, le Linee guida Ocse del 2017 in relazione a una rettifica di transfer pricing per il 2006 il cui relativo contenzioso era stato incardinato davanti alla Suprema corte nel 2015, affermando che i vari metodi non dovevano essere «utilizzati in chiave ausiliaria, come ora prevede, pro futuro, il D.M. 14 maggio 2018, art. 4, comma 1, emanato a seguito della novella dello stesso art. 110 Tuir» (Cassazione, sentenza 36275/22).

Sembra peculiare che la Corte richiami le Linee guida Ocse del 2017 in relazione a un avviso relativo al periodo di imposta 2006, affermando poi che il Dm del 2018 dovrebbe applicarsi pro futuro. È evidente che il contribuente nel 2006 non poteva certo conoscere le Linee guida del 2017. Sembrerebbe ragionevole usare un criterio temporale, ovvero applicare le Linee guida Ocse che il contribuente poteva conoscere al momento in cui le transazioni intercompany hanno avuto luogo, potendo essere usate le versioni successive se si pongono in una situazione di continuità con l’interpretazione precedente, disponibile per il contribuente.

Ciò pare allineato con quanto precisato dalla Cassazione in tema di commentario Ocse al modello convenzionale contro le doppie imposizioni: «Possono, pertanto, essere di ausilio all’interpretazione delle convenzioni preesistenti quelle innovazioni del commentario che non siano la conseguenza immediata di corrispondenti modifiche nel modello di convenzione, rappresentando piuttosto l’evoluzione di un’interpretazione, condivisa dai paesi membri, del testo del modello preesistente» (Cassazione, ordinanza 36679/22).

La retroattività del decreto

Tornando alla valenza interpretativa (e quindi retroattiva) del Dm 2018, vi sono alcune pronunce favorevoli della Suprema corte.

Ad esempio, per un caso relativo all’anno 2004, la Cassazione ha richiamato i metodi previsti dall’articolo 4 del Dm 2018, essendo lo stesso «non applicabile nel caso di specie ma valorizzabile ulteriormente in termini di interpretazione evolutiva» (Cassazione, ordinanza 22539/2021), concetto peraltro richiamato in altre pronunce (si veda Cassazione, sentenza 15668/2022).

La valenza interpretativa (evolutiva) della Cassazione è stata condivisa anche da altri commentatori. In effetti, il Dm 2018 è stato emanato a seguito delle modifiche introdotte all’articolo 110, comma 7, del Tuir dal Dl 50/2017, e al riguardo Assonime ne ha sottolineato la portata interpretativa (si veda la circolare 17/2017).

Sarebbe quindi paradossale che le modifiche normative abbiano valenza interpretativa (e quindi retroattiva), mentre le previsioni del decreto ministeriale attuativo debbano valere esclusivamente per il futuro. Peraltro, nell’articolo 1 del Dm 2018 viene chiaramente evidenziato che le indicazioni sono ispirate alle migliori pratiche internazionali: dunque, non si può non concludere per la valenza retroattiva del decreto in esame.

La portata interpretativa (e dunque retroattiva) del Dm 2018 in esame viene anche confermata dalla relazione illustrativa, ove si afferma che il decreto introduce una disciplina applicativa del transfer pricing che si pone in linea di sostanziale continuità con le prassi cui già facevano in precedenza riferimento gli organi dell’Amministrazione finanziaria e i contribuenti.

Alcune pronunce della Cassazione sul dm 2018
Retroattività esclusa

«Va disattesa l’invocata applicazione, come ius superveniens, delle indicazioni contenute» nel Dm 14 maggio 2018 «e relative a linee guida per l’applicazione dell’art. 110, comma 7, Tuir, che sono riferibili esclusivamente al testo della norma» come modificata con il Dl 50/2017, art. 59, «sicché ne va esclusa ogni incidenza retroattiva».
Cassazione, sentenza 17512/19

Ok all’interpretazione evolutiva
I metodi di Tp sono, «peraltro, espressamente richiamati dal D.M. 14 maggio 2018, art. 4, comma 2 (...) non applicabile nel caso di specie ma valorizzabile ulteriormente in termini di interpretazione evolutiva al fine di ritenere che l’art. 9 Tuir, comma 3, (non più aggiornato), non costituisca, secondo l’interpretazione di questa Corte, esclusivo perimetro di individuazione della metodologia di ricostruzione del “valore normale”, inteso quale prezzo praticabile dall’ impresa residente in condizione di libera concorrenza e in circostanze comparabili (...)».
Cassazione, ordinanza 22539/21

Retroattività in linea con l’Ocse
Il Dl 50/2017, art. 59, comma 1, integrato dal Dm 2018, risponde all’esigenza di adeguare l’ordinamento giuridico nazionale alle pratiche internazionali e «ai criteri di individuazione dei prezzi di trasferimento tra imprese multinazionali delineati dall’Ocse 6.1 (...). Ma già prima della novella legislativa (...) la prospettiva interpretativa» di dottrina e giurisprudenza «si è posta in linea col principio di libera concorrenza enunciato nell’art. 9 del Modello di Convenzione Ocse».
Cassazione, sentenza 15668/22

Applicazione «pro futuro»

Va sempre individuato «quale sia il metodo per la determinazione dei prezzi di trasferimento che risulti più appropriato alle circostanze (...) non sussistendo una rigida gerarchia predefinita dei metodi utilizzabili, né dovendo i vari metodi, alternativamente previsti dalle suddette Linee Guida, essere utilizzati in chiave ausiliaria (Cass. n. 11837 del 2020, cit.), come ora prevede, pro futuro, il D.M. 14 maggio 2018, art. 4, comma 1, emanato a seguito della novella dello stesso art. 110 t.u.i.r».
Cassazione, sentenza 36275/22

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