Imposte

Tre opzioni per l’erogazione dell’assegno unico per i figli

Per i lavoratori dipendenti gestito tramite i datori di lavoro, l’Inps o da entrambi. Valore ancora da definire purché nel rispetto delle risorse disponibili

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di Barbara Massara e Matteo Prioschi

L’assegno unico potrà essere riconosciuto o sotto forma di erogazione mensile monetaria o come credito d’imposta, al genitore richiedente o direttamente al figlio. Sono questi alcuni dei principi generali affermati dalla legge delega 46/2021, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 6 aprile, che introduce la nuova misura dell’assegno unico e universale per i figli a carico.

Per rendere operativo il nuovo strumento, il prossimo passo consiste nella definizione e approvazione di uno più decreti legislativi. L’obiettivo è partire a luglio con l’assegno, ma gli aspetti da definire sono molti, senza dimenticare il problema di budget. La legge delega, infatti, non indica il valore dell’assegno o il minimo e il massimo entro cui collocarlo, purché si rispetti il budget disponibile, determinato dalle risorse stanziate ad hoc e da quelle derivanti dalla soppressione di altre agevolazioni che saranno sostituite dal nuovo aiuto.

In assenza delle disposizioni attuative, è lecito domandarsi se questa erogazione sarà gestita solo dal datore di lavoro oppure dall’Inps, o congiuntamente dai due, come avviene ad esempio oggi per l’assegno nucleo familiare. L’assegno unico, infatti, andrà a sostituire una serie di prestazioni sociali, alcune delle quali anticipate dal datore di lavoro, altre erogate direttamente dall’istituto di previdenza (assegno di natalità, premio alla nascita, assegno nucleo familiare oltre tre figli concesso dai Comuni), ma anche le detrazioni per figli a carico secondo l’articolo 12, comma 1, lettera c) e comma 1-bis del Tuir.

La nuova misura dovrebbe pertanto avere la natura e la forma di beneficio economico finalizzata a sostenere i nuclei familiari con più figli a carico. Infatti, sebbene definito unico e universale, in quanto destinato potenzialmente a tutti i cittadini in possesso dei requisiti dettati dall’articolo 2, comma 1, lettera f) della legge delega, l’assegno è attribuito in base a criteri di progressività basati sull’Isee, indicatore, che rappresenta un indicatore complessivo, ma anche più aderente al vero, della situazione economica del nucleo familiare. È questo un altro dei principi generali stabiliti dalla legge delega, che quindi si sgancia dal puro parametro reddituale da sempre utilizzato per l’attribuzione delle detrazioni (reddito individuale) o dell’assegno del nucleo familiare (reddito del nucleo familiare). Ne conseguirà l’inclusione, ad esempio, degli incapienti, cioè di coloro che, in ragione del basso reddito, non beneficiavano di alcuna detrazione, in quanto esenti da prelievo fiscale.

Poiché la legge delega non individua le classi di progressività della nuova misura in funzione del valore dell’Isee, è difficile oggi poter stimare i vantaggi o gli svantaggi apportati dalla nuova misura rispetto a quelle che dovrebbe andare a sostituire. Uno degli aspetti che lascia più dubbi è il requisito anagrafico del figlio a carico, per il quale l’assegno è riconosciuto, che deve essere minorenne o maggiorenne fino a 21 anni, con la sola eccezione in caso di disabilità, a fronte della quale si prescinde dall’età. Nelle famiglie italiane sono infatti molti i figli a carico over 21 anni, per i quali i rispettivi genitori hanno sempre potuto fruire delle detrazioni per familiare a carico e che, se non disabili, non daranno diritto alla fruizione del nuovo assegno unico.

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