Una sopravvenienza attiva si realizza quando viene meno una passività effettivamente esistente
È il requisito della certezza dell’estinzione di una posizione debitoria a identificare la sopravvenienza attiva e l’anno di imputazione
Inquadramento normativo
L’articolo 2426, comma 1, n. 8) del Codice civile, come modificato dall’articolo 6, comma 8, lettera g) del Dlgs 139/2015 (disposizione applicabile ai bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio dal 1° gennaio 2016) dispone che « […] i debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale […]».
Il “costo ammortizzato”, quindi, rappresenta il criterio generale di rilevazione iniziale dei debiti, da utilizzare per la redazione dei bilanci relativi agli esercizi aventi inizio a partire dal 1° gennaio 2016 o da data successiva.
Nella relazione illustrativa al Dlgs 139/2015, in merito alle motivazioni che hanno guidato il legislatore nella scelta del costo ammortizzato per la valutazione e l’iscrizione in bilancio dei debiti, è stato precisato che «tale tecnica […] permette una migliore rappresentazione delle componenti di reddito legate alla vicenda economica delle poste in questione, prevedendo la rilevazione degli interessi (sia attivi che passivi) sulla base del tasso di rendimento effettivo dell’operazione, e non sulla base di quello nominale ». Tale criterio rappresenta, in buona sostanza, l’applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma sancito dall’articolo 2423-bis, comma 1, n. 1-bis) del Codice civile.
In senso conforme, si richiama la circolare di Assonime n. 14/2017.
Accanto alla legislazione codicistica, in tema di valutazione dei debiti, vi sono i principi contabili nazionali emanati dall’Organismo Italiano di Contabilità, riconosciuto dall’articolo 20 del Dl 91/2014 quale Standard Setter nazionale. In particolare, verrà analizzato il principio contabile nazionale Oic 19, emanato nel dicembre 2016 e aggiornato con gli emendamenti pubblicati il 29 dicembre 2017 e il 4 maggio 2022.
Rilevazione iniziale dei debiti e valutazioni successive
Secondo quanto previsto dal paragrafo 17 dell’Oic 19, il costo ammortizzato di una passività finanziaria è il valore a cui essa «è stata valutata al momento della rilevazione iniziale al netto dei rimborsi di capitale, aumentato o diminuito dall’ammortamento cumulato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo su qualsiasi differenza tra il valore iniziale e quello a scadenza […]».
L’articolo 2426, comma 1, n. 8) del Codice civile dispone, come detto, che per la valutazione dei debiti si debba tener conto anche del fattore temporale: tale fattore viene individuato nell’attualizzazione, definita al paragrafo 11 dell’Oic 19 come «[…] il processo che consente, tramite l’applicazione di un tasso di sconto, di determinare il valore ad oggi di flussi finanziari che saranno pagati in una o più date future», qualora, al momento della rilevazione iniziale, il tasso di interesse desumibile dalle condizioni contrattuali risulti significativamente diverso da quello di mercato.
In applicazione del generale principio di rilevanza ex articolo 2423, comma 4 del Codice civile secondo cui «non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta», l’Oic ha identificato alcune fattispecie per le quali il criterio di valutazione dei debiti al costo ammortizzato può non essere applicato in quanto si presume che gli effetti sul bilancio derivanti dalla sua mancata applicazione siano irrilevanti ai fini della corretta rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio.
In particolare, al paragrafo 42 dell’Oic 19 viene indicato che il criterio del costo ammortizzato può non essere applicato nella valutazione dei debiti qualora gli stessi abbiano una scadenza inferiore ai 12 mesi.
Inoltre, il successivo paragrafo 45 dispone che il criterio del costo ammortizzato possa non essere applicato «se i costi di transazione, le commissioni pagate tra le parti e ogni altra differenza tra valore iniziale e valore a scadenza sono di scarso rilievo».
In tali casi è, quindi, possibile (giustificando la scelta in nota integrativa) valutare i debiti in bilancio al loro valore nominale.
Inoltre, i paragrafi 54 e 55 dell’Oic 19 prevedono che le società che redigono il bilancio in forma abbreviata ex articolo 2435-bis del Codice civile e il bilancio “micro” ex articolo 2435-ter del Codice civile, possano valutare i debiti al valore nominale, senza l’applicazione del criterio di valutazione del costo ammortizzato e l’attualizzazione. Qualora le società si avvalgano di detta facoltà, la rilevazione iniziale dei debiti viene effettuata al loro valore nominale, al netto di premi, sconti e abbuoni previsti contrattualmente o comunque concessi.
Anche i successivi paragrafi 67 e 68 dell’Oic 19 (Valutazione successiva dei debiti non valutati al costo ammortizzato) prevedono che le società che redigono il bilancio in forma abbreviata ex articolo 2435-bis del Codice civile e il bilancio “micro” ex articolo 2435-ter del codice civile, possono valutare i debiti al loro valore nominale, senza l’applicazione del criterio di valutazione del costo ammortizzato e l’attualizzazione. In tal caso, qualora le società si avvalgano di detta facoltà, la valutazione successiva dei debiti viene effettuata al loro valore nominale, oltre agli interessi passivi calcolati al saggio nominale, dedotti i pagamenti per capitale ed interessi.
Cancellazione dei debiti dal bilancio
I paragrafi da 73 a 73C dell’Oic 19 sono dedicati all’eliminazione contabile dei debiti dal bilancio.
In particolare, il paragrafo 73 prevede che le società devono eliminare, in tutto o in parte, il debito dal bilancio quando l’obbligazione contrattuale e/o legale risulta estinta per adempimento o altra causa oppure trasferita (ne sono esempi tipici il pagamento, l’intervenuta prescrizione, etc).
Trattamento particolare viene applicato alle operazioni di ristrutturazione del debito.
Si precisa, infatti, che l’estinzione di un debito e l’emissione di un nuovo debito verso la stessa controparte ne determina l’eliminazione contabile qualora i termini contrattuali del debito originario differiscano, in maniera sostanziale, da quelli del (nuovo) debito emesso.
In buona sostanza, qualora in costanza del medesimo debito vi sia una variazione sostanziale dei termini contrattuali del debito esistente o di parte dello stesso, attribuibile o meno alla difficoltà finanziaria del debitore (ad esempio, operazioni di ristrutturazione del debito), si procede contabilmente all’eliminazione del debito originario e alla contestuale rilevazione di un nuovo debito.
La data a decorrere dalla quale si rilevano gli effetti dell’eliminazione contabile coincide con il momento di efficacia tra le parti dell’accordo di ristrutturazione del debito.
Si evidenzia, inoltre, che qualora la data in cui l’accordo di ristrutturazione divenga efficace tra le parti sia compresa tra la data di chiusura dell’esercizio e la data di formazione del bilancio, nel progetto di bilancio dell’esercizio in chiusura deve essere fornita adeguata informativa sulle caratteristiche dell’operazione e sui potenziali effetti patrimoniali e economici che essa produrrà negli esercizi successivi.
Per le società che applicano il metodo del costo ammortizzato, quando interviene l’eliminazione contabile del debito, il valore di iscrizione iniziale del nuovo debito segue le regole di rilevazione iniziale dei debiti valutati al costo ammortizzato e soggetti ad attualizzazione. In tal caso, la differenza tra il valore di iscrizione iniziale del nuovo debito e l’ultimo valore contabile del debito originario costituisce un utile o una perdita da rilevare a conto economico nei proventi o negli oneri finanziari e i costi di transazione sono rilevati a conto economico come parte dell’utile o della perdita connessa all’eliminazione.
Per le società che, invece, non applicano il metodo del costo ammortizzato, i costi di transazione vengono imputati a conto economico nell’esercizio in cui viene ricevuto il beneficio derivante dalla variazione dei termini contrattuali. Nel caso di riduzione dell’ammontare del debito da rimborsare, il debitore deve iscrivere un utile, tra i proventi finanziari, dato dalla differenza tra il valore di iscrizione iniziale del nuovo debito e l’ultimo valore contabile del debito originario rilevando, come detto, i costi di transazione nello stesso esercizio in cui si riceve il beneficio.
Eliminazione dei debiti dal bilancio a seguito di operazioni di “ristrutturazione”
L’appendice A dell’Oic 19, di cui ne costituisce parte integrante, affronta e disciplina l’eliminazione dei debiti nei particolari casi di ristrutturazione.
La ristrutturazione del debito rappresenta un’operazione mediante la quale «il creditore (o un gruppo di creditori), per ragioni economiche, effettua una concessione al debitore in considerazione delle difficoltà finanziarie dello stesso, concessione che altrimenti non avrebbe accordato. Per tali ragioni, il creditore è disposto ad accettare una ristrutturazione del debito che comporti modalità di adempimento più favorevoli al debitore».
Tale concessione rappresenta, quindi, la rinuncia da parte del creditore ad alcuni diritti contrattualmente definiti, che si traducono, da un lato in un beneficio immediato o differito per il debitore che ne trae un vantaggio e dall’altro, in una corrispondente perdita per il creditore.
In buona sostanza, un’operazione di ristrutturazione del debito si configura quando sono soddisfatte le seguenti condizioni:
a) il debitore si trova in una situazione di difficoltà finanziaria;
b) il creditore, a causa dello stato di difficoltà finanziaria del debitore, effettua una concessione al debitore rispetto alle condizioni originarie del contratto che dà luogo ad una perdita.
Sono esempi di ristrutturazione del debito, il concordato preventivo, l’accordo di ristrutturazione dei debiti eil piano di risanamento attestato. In tali casi, come indicato nel paragrafo 73A, la data dalla quale si rilevano gli effetti dell’eliminazione contabile del debito dal bilancio è coincidente: nel caso di concordato preventivo dalla data di omologa da parte del Tribunale; nel caso di accordo di ristrutturazione dei debiti dalla data in cui l’accordo viene pubblicato presso il Registro delle Imprese e, laddove l’accordo preveda che la sua efficacia sia subordinata all’omologa da parte del Tribunale, dalla data dell’omologa; infine, nel caso di piano di risanamento attestato, qualora risulti formalizzato un accordo con i creditori, la data rilevante è quella di adesione dei creditori.
Estinzione del debito e tassazione della sopravvenienza: Ordinanza 3901/2023
La Corte di cassazione, con la recente ordinanza 9 febbraio 2023 n. 3901, occupandosi di una fattispecie frequentemente oggetto di rilievi da parte dell’amministrazione finanziaria, ha affermato che il mantenimento in bilancio di un debito per fatture da ricevere, il cui importo risulti immutato rispetto al precedente esercizio, non può (automaticamente) determinare il recupero a tassazione a titolo di sopravvenienza attiva.
Nel caso di specie, il contribuente aveva rilevato in bilancio fatture da ricevere per un importo che non aveva subito movimentazioni nel corso dell’esercizio successivo. L’agenzia delle Entrate riprendeva a tassazione, con riferimento al periodo d’imposta successivo a quello di rilevazione delle fatture da ricevere, una sopravvenienza attiva, che si assumeva non essere stata contabilizzata e dichiarata.
La Commissione giudicante di secondo grado, aderendo alla prospettazione erariale, aveva dedotto il mancato pagamento della posta debitoria e la conseguente insorgenza di una sopravvenienza attiva che il contribuente, a loro avviso, avrebbe omesso di dichiarare.
Tra i motivi del ricorso per Cassazione vi erano, in via principale, la nullità della pronuncia di appello per motivazione apparente, in relazione a quanto disposto dall’articolo 360, comma 1, n. 4, Codice di procedura civile e, in subordine, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 88, comma 1 e 109, comma 1 del Tuir, in relazione a quanto disposto dall’articolo 360, comma 1, n. 3, Codice di procedura civile, in relazione alla ripresa a tassazione della sopravvenienza attiva. Si ricorda che l’articolo 88, comma 1 del Tuir considera sopravvenienze attive «[…] i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi ».
Nella sentenza dei giudici di appello viene affermato che «le disposizioni di legge […] prevedono che un soggetto che non riceve fattura entro quattro mesi dall’effettuazione di una operazione deve presentare entro trenta giorni autofattura all’agenzia delle Entrate competente per regolarizzare il costo dedotto». Nel caso di specie, a parere della Commissione di secondo grado, il contribuente non avrebbe provveduto, in tal senso, in base al fatto che tanto nel bilancio di apertura quanto in quello di chiusura è presente la voce “fatture da ricevere” per pari importo e che lo stesso conto nel corso dell’anno non presenta movimentazioni.
La Cassazione, sul punto, ha escluso l’inesistenza della motivazione in quanto meramente apparente. A parere dei giudici di legittimità, infatti, sussiste motivazione apparente «ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonché quando, pur indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sull’esattezza e logicità del suo ragionamento» (ex multis, Cassazione, sezioni unite, 22232/2016, ordinanza Cassazione 13977/2019, Cassazione 6758/2022).
Risulta, invece, fondata la denuncia di errore di diritto in cui è incorsa la Commissione regionale nel collocare l’importo contestato tra le sopravvenienze attive non dichiarate, così come contestato dall’amministrazione.
In tema di imposte sui redditi d’impresa la Cassazione, nella pronuncia in commento, ha ricordato come la giurisprudenza di legittimità abbia ripetutamente enunciato che la «sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, che costituisce sopravvenienza attiva, ai sensi dell’articolo 88, comma 1, del Dpr 917 del 1986, si realizza in tutti i casi in cui una posizione debitoria, già annotata come tale, debba ritenersi cessata ed assuma quindi in bilancio una connotazione attiva, con il conseguente assoggettamento ad imposizione, in riferimento all’esercizio in cui tale posta attiva emerge in bilancio ed acquista certezza».
Dello stesso tenore l’ordinanza della Suprema Corte 9 agosto 2022 n. 24580 secondo cui, in ragione del disposto dell’articolo 88, comma 1 del Tuir, va qualificata come sopravvenienza attiva da iscrivere in bilancio anche «la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in precedenti esercizi, ovvero esistenti al momento della loro iscrizione e poi venute meno per fatti sopravvenuti». La sopravvenienza, pertanto, si realizza quando viene meno una passività effettivamente esistente (vedi anche Cassazione 34710/2019 e Cassazione 19219/2017).
A parere della Cassazione, nella pronuncia 24580/2022, la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, che costituisce sopravvenienza attiva, si realizza in tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, «una posizione debitoria, già annotata come tale, debba ritenersi cessata, ed assuma quindi in bilancio una connotazione attiva con il conseguente assoggettamento ad imposizione, in riferimento all’esercizio in cui tale posta attiva emerge in bilancio ed acquista certezza (Cassazione 23 gennaio 2020, n. 1508)». A ciò deve aggiungersi che la regola di imputazione temporale della sopravvenienza attiva va individuata secondo quanto previsto dall’articolo 109, comma 1 del Tuir secondo cui, in tema di redditi d’impresa, i componenti positivi concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza.
È dunque il requisito della certezza dell’estinzione di una posizione debitoria a identificare la sopravvenienza attiva e l’anno di imputazione. Anche in dottrina è stato chiarito che la sopravvenienza debba avere per presupposto un’operazione rilevante ai fini delle imposte sui redditi, intendendosi per rilevante anche la cancellazione di un debito, ad esempio per remissione, che certamente modifica l’oggetto di un’obbligazione incidendo sulla posta, così trasformata in un provento fiscalmente rilevante.
Deve, inoltre, trattarsi di poste di competenza di esercizi precedenti, perché, qualora l’evento modificativo ed estintivo della posizione debitoria si realizza in corso d’anno, ciò costituirebbe semplicemente una modifica rilevante ai fini della formazione del reddito d’impresa dell’anno medesimo, senza la necessità di configurare sopravvenienze.
Nella pronuncia in commento viene, altresì, rilevato che la sopravvenienza «non può mai coincidere con un errore da correggere, perché in tal caso non sarebbero derogabili i principi di competenza, così che, al contrario, quella correzione deve assumere rilevanza nell’anno d’imposta in cui l’errore è stato commesso e non in quello in cui l’errore viene corretto».
Nel caso di specie, come visto, l’unico elemento da cui la sopravvenienza è stata desunta era la registrazione di “fatture da ricevere” dello stesso importo, tanto nel bilancio di apertura quanto in quello di chiusura. Proprio dall’immodificabilità dell’importo (e dalla mancata autofatturazione nei termini di legge) i giudici di appello hanno dedotto un mancato pagamento di quella posta debitoria e la conseguente insorgenza di una sopravvenienza attiva nell’esercizio successivo, che il contribuente avrebbe omesso di dichiarare.
La Corte, sul punto, cassando la sentenza, ha affermato che «l’immodificazione dell'importo delle fatture a ricevere» e «tanto meno la mancata autofatturazione», non costituisce «un riscontro certo del sopraggiunto venir meno del debito», mancando il presupposto stesso della sopravvenienza attiva, quale ad esempio la cancellazione del debito, a qualunque titolo. In buona sostanza, un debito iscritto nell’anno “n” secondo le regole dettate dal comma 1 dell’articolo 109 del Tuir, ancorché non ancora pagato, e in assenza di un evento obiettivo di cancellazione della posta passiva, non può imputarsi, nell’esercizio “n+1”, quale sopravvenienza attiva.
La Corte ha, infine, enunciato il principio di diritto secondo cui «in tema di sopravvenienze attive […], l’iscrizione di un debito tra le passività nell’esercizio di competenza, secondo le regole dettate dall’articolo 109, comma 1, del Dpr 917 del 1986, qualora risulti non ancora assolto in un successivo esercizio […], non comporta l’automatico riconoscimento ed imputazione di una sopravvenienza attiva, per la quale è invece necessario il sopraggiungere di un evento, in un esercizio successivo a quello di imputazione della passività, che, estinguendo con certezza il costo o il debito registrato nell’esercizio precedente, configuri una posta attiva sopravvenuta».
Sul tema, si richiamano anche la recente risposta ad interpello 240/2023 e la risposta 71/2019.
Nel primo documento, in particolare, si conferma che per l’imponibilità della sopravvenienza rilevano: (i) il carattere sopravvenuto del fatto generatore del componente positivo del reddito e (ii) la sua stretta relazione con un componente economico (o con una passività patrimoniale) che abbia concorso alla formazione del reddito di impresa in un periodo d’imposta precedente l’insorgere della sopravvenienza stessa.
Questo articolo fa parte del Modulo24 Tuir del Gruppo 24 Ore.
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