Voluntary-bis, spazio al credito d’imposta
Sì al riconoscimento del credito per le imposte pagate all’estero per i contribuenti che presenteranno istanza di adesione alla voluntary disclosure-bis in scadenza il prossimo 2 ottobre indicando i redditi di lavoro dipendente o di lavoro autonomo in precedenza non dichiarati al Fisco. È l’indicazione che emerge dalla guida «Lavoratori italiani all’estero: come evitare la doppia tassazione e usufruire del credito d’imposta» diffusa ieri dall’agenzia delle Entrate. Un fenomeno numericamente consistente quello degli italiani all’estero, visto che a fine 2016 risultavano iscritti all’Aire (Anagrafe italiana residenti all’estero) circa 5 milioni di connazionali.
Il vademecum ricorda come la chance del riconoscimento del credito d’imposta si applichi anche agli atti ancora non definiti al 24 giugno scorso (data di entrata in vigore della legge di conversione della manovrina di primavera, Dl 50/2017) emanati in relazione alla prima voluntary disclosure. Senza che però sia previsto il rimborso delle imposte già pagate. Le Entrate sottolineano poi che i cittadini italiani non iscritti all’Aire, che abbiano presentato la dichiarazione in Italia senza indicare i redditi prodotti all’estero, possono presentare un modello integrativo per non perdere il diritto alla detrazione delle imposte pagate all’estero. In questa circostanza, come ricorda la guida dell’amministrazione finanziaria, «il reddito oggetto di integrazione deve ritenersi, comunque, dichiarato e, conseguentemente, al contribuente spetta la detrazione delle imposte pagate all’estero».
Più in generale, la guida ricorda i principi che disciplinano la tassazione degli italiani all’estero. Prima di tutto il principio della tassazione mondiale (world wide taxation) in base al quale il cittadino che lavora all’estero, mantenendo la residenza italiana, ha comunque l’obbligo di pagare le imposte in Italia anche sui redditi prodotti all’estero, salvo che sia diversamente indicato da disposizioni contenute nelle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Quindi, gli italiani che lavorano all’estero ma non sono iscritti all’Aire risultano fiscalmente residenti in Italia e devono ogni anno presentare la dichiarazione e pagare le imposte sui redditi ovunque prodotti. A tal proposito, la guida ricorda che per le imposte sui redditi si considerano fiscalmente residenti in Italia le persone che: per la maggior parte del periodo d’imposta (ossia per almeno 183 giorni all’anno) sono iscritte nelle Anagrafi comunali della popolazione residente in Italia; hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza; si sono trasferiti in uno dei Paesi a fiscalità privilegiata (salvo prova contraria).
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di Fabio Giordano, comitato tecnico AssoSoftware