Il CommentoProfessione

Con la Dac 6 il risparmio d’imposta perde legittimità

L’ampliamento della nozione di vantaggio, che non deve essere più indebito, metterà in difficoltà chi deve eseguire le comunicazioni

di Raffaele Rizzardi

Da più di trent’anni i professionisti, la dottrina, il legislatore e la giurisprudenza, sia a livello nazionale che europeo, cercano la linea di demarcazione tra tre comportamenti del contribuente: il legittimo risparmio di imposta; l’elusione o abuso del diritto; l’evasione o la frode fiscale.

Che esista il diritto ad un legittimo risparmio di imposta è stato riconosciuto in primis dalla giurisprudenza europea. Il considerando n. 35 della sentenza del 22 dicembre 2010 nella causa C-277/09 – Rbs Deutschland afferma che «i soggetti passivi sono generalmente liberi di scegliere le strutture organizzative e le modalità operative che ritengano più idonee per le loro attività economiche nonché al fine di limitare i loro oneri fiscali».

Poco dopo con gli stessi termini la Cassazione (sentenza del 21 gennaio 2011, n. 1372) afferma che «il sindacato dell'Amministrazione finanziaria non può spingersi ad imporre una misura di ristrutturazione diversa tra quelle giuridicamente possibili, solo perché tale misura avrebbe comportato un maggior carico fiscale». Si può pertanto parlare di elusione solo se il risparmio fiscale è indebito.

La direttiva antielusione (Ue/2016/1164) definisce l'abuso del diritto all’articolo 6, paragrafo 1, come la ricerca di un «vantaggio fiscale che è in contrasto con l'oggetto o la finalità del diritto fiscale applicabile», così come l'attuale norma antielusione italiana, contenuta nell'articolo 10-bis, comma 1 della legge 212/2000 (nel testo vigente dal 1° gennaio 2016) parla di vantaggio fiscale “indebito”, precisando al comma 4 che «resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale».

Sembrerebbe quindi chiara la demarcazione tra mero vantaggio fiscale, cioè la configurazione di un’operazione economica nell'ambito degli istituti giuridici che comportano un minor carico tributario, e quella abusiva, che approfitta di istituti giuridici per finalità diverse da quelle previste dal legislatore. Al riguardo la sentenza della Corte di giustizia più significativa è del 14 dicembre 2000, nella causa C-110/99 - Emsland-Stärke: questo soggetto si era accorto che la restituzione all’esportazione di un prodotto agricolo era superiore al prelievo all'importazione. Pertanto, senza violare nessun precetto normativo, manda in Svizzera un carico e beneficia della restituzione, pagando il prelievo alla reintroduzione in Germania.

Il discorso sembra però cambiato già dopo due anni con la direttiva Dac6 (Ue 2018/822) in quanto considera elemento distintivo delle operazioni transnazionali di pianificazione fiscale aggressiva il fatto che il principale obiettivo sia «ottenere un vantaggio fiscale». Questa direttiva obbliga professionisti e banche ad eseguire una notifica all’amministrazione fiscale (con effetto retroattivo dal 25 giugno 2018) per segnalare i casi che rientrano negli elementi distintivi. L’ampliamento della nozione di vantaggio, che non deve essere più indebito, metterà sicuramente in difficoltà chi deve eseguire le comunicazioni, con il conseguente innesco di contenzioso.