Imposte

Gruppo Iva, dalle somme scambiate infragruppo proventi da tassare e oneri da dedurre

È ragionevole ritenere che la remunerazione costituisca un provento imponibile per il soggetto che la riceve e specularmente un onere deducibile in capo alla società che la corrisponde

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di Angelo Conte

Le società partecipanti al gruppo Iva seguito dell’opzione sono solite stipulare degli accordi volti a regolamentare gli eventuali vantaggi e svantaggi che potrebbero emergere, a livello delle singole entità, per effetto dell’adesione al regime in questione. Dal punto di vista delle imposte sui redditi, le somme scambiate tra i partecipanti al gruppo Iva, in contropartita di tali vantaggi e svantaggi, generano proventi e oneri che, in virtù del generale principio di derivazione, si ritiene – in assenza ancora di un intervento a riguardo da parte delle Entrate - andrebbero ritenuti rispettivamente imponibili e deducibili ai fini Ires e Irap.

Il gruppo Iva è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla legge di Bilancio 2017 che ha inserito nel Dpr 633/1972 gli articoli da 70-bis a 70-duodecies. La costituzione di tale regime comporta che gli aderenti allo stesso perdono la soggettività passiva ai fini Iva, nascendo al contempo un nuovo soggetto d’imposta (il gruppo Iva).

Come evidenziato anche dalla Commissione Ue, effetto fisiologico della costituzione del gruppo Iva è l’ottenimento di un risparmio in termini di imposta sul valore aggiunto, specie nei settori caratterizzati da un’alta incidenza di operazioni esenti. Ciò deriva da una parte dall’irrilevanza, ai fini Iva, delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuate tra i partecipanti al regime in questione e, dall’altra, da un potenziale incremento dell’imposta detraibile, per effetto del calcolo del pro rata di detrazione a livello di gruppo.

In effetti, a fronte del vantaggio a livello complessivo, non è escluso che i singoli partecipanti possano conseguire degli svantaggi, causati, per esempio, dal peggioramento del pro rata di detrazione rispetto a quello che avrebbero determinato a livello individuale. Tale circostanza, soprattutto in presenza di soci di minoranza, implica la necessità di formalizzare degli accordi di gruppo, volti ad attribuire alle società che subiscono uno svantaggio delle somme compensative.

In questo quadro, si pone la tematica del trattamento di tali somme ai fini delle imposte sui redditi. Per queste attribuzioni, infatti, manca una disposizione legislativa analoga a quella prevista in caso di consolidato fiscale. Relativamente a tale istituto, l’articolo 118, comma 4, del Tuir, stabilisce che non concorrono alla formazione del reddito imponibile, in quanto escluse, le somme percepite o versate in contropartita di vantaggi fiscali ricevuti o attribuiti.

Ebbene, l’assenza nell’ambito della normativa, in materia di gruppo Iva, di una disposizione del tenore dell’articolo 118, dovrebbe comportare che tali somme compensative siano da considerarsi rilevanti ai fini Ires, in virtù del generale principio di derivazione, di cui all’articolo 83 del Tuir. Le medesime conclusioni dovrebbero valere anche ai fini Irap, attesa la presa diretta dal bilancio che caratterizza il tributo regionale.

Dunque è ragionevole ritenere che la remunerazione costituisca un provento imponibile per il soggetto che la riceve e specularmente un onere deducibile in capo alla società che la corrisponde. Peraltro, va tenuto presente che il perimetro del gruppo Iva potrebbe coincidere con quello del consolidato fiscale e in tal caso, ai fini Ires, le poste in questione finirebbero per essere incluse tutte all’interno della stessa fiscal unit.

In conclusione, attesa l’importanza della tematica trattata ed in assenza di chiarimenti ufficiali, sarebbe auspicabile un intervento chiarificatore da parte dell’Amministrazione finanziaria.

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