Imposte

Il bonifico tra coniugi diventa donazione indiretta

Quando effettuato allo scopo di realizzare uno stabile incremento del patrimonio del donatario e un impoverimento del patrimonio del donante

di Angelo Busani e Elisabetta Smaniotto

Il bonifico ordinato dalla moglie a favore del marito è una donazione indiretta quando effettuato allo scopo di realizzare uno stabile incremento del patrimonio del donatario e un impoverimento del patrimonio del donante; ne consegue, se la vicenda emerge nell’ambito di un procedimento di accertamento delle imposte sui redditi, la tassazione, a titolo di imposta di donazione, con l’aliquota dell’8% sul valore eccedente la franchigia di 1 milione di euro. Lo ha deciso la Cassazione con l’ordinanza 27665 del 7 ottobre 2020, la quale dovrebbe essere il primo caso nel quale la giurisprudenza di legittimità si occupa della tassazione delle donazioni indirette: nella fattispecie giunta al terzo grado di giudizio, si trattava di un bonifico di 12 milioni di euro, effettuato dalla moglie su un conto intestato a una società fiduciaria ma riferibile al marito; il denaro era poi rimasto su quel conto solo per un giorno perché poi servito al marito per effettuare un finanziamento a favore di una società di cui egli era socio. La Cassazione ha ritenuto applicabile l’articolo 56-bis, Dlgs 346/90 (testo unico imposta successione e donazione) perché si tratta di una norma:

a) in vigore in quanto esistente al momento in cui l’imposta di donazione venne abrogata (legge 383/01) e poi richiamata in vita dalla norma (Dl 262/06) che ha reintrodotto l’imposta;

b) che deve essere armonizzata con l’odierno “assetto” dell’imposta di donazione, vale a dire che quando essa si riferisce all’unica franchigia di 350 milioni di lire, tale soglia di esenzione va oggi riferita, a seconda dei casi, a 1 milione di euro (nel caso della donazione tra coniugi e parenti in linea retta), a 100mila euro (donazione tra fratelli) e a 1,5 milioni di euro (donazione a favore di persona gravemente disabile); e, quando dispone l’aliquota del 7%, la norma deve essere letta come se si riferisse – con «funzione latamente sanzionatoria» – all’aliquota dell’8% (l’applicazione dell’aliquota del 7% era la conclusione invece raggiunta dalla Ctr Emilia Romagna nella sentenza 222/2018, poi appunto impugnata in Cassazione);

c) applicabile a «liberalità che neppure si traducono in contratti scritti, trattandosi di meri comportamenti materiali» o a liberalità «che risultano da documenti scritti per i quali non è imposta la formalità della registrazione» per cui «anche la donazione per così dire “informale”» non sarebbe estrancea «al meccanismo di emersione oggetto di causa, atteso che l’inosservanza della forma pubblica ex articolo 782 del Codice civile e la relativa sanzione della nullità, se rilevano sul piano civilistico, a tutela del donante, nessuna conseguenza producono sul piano tributario»;

d) applicabile, oltre che alle liberalità indirette, anche alle liberalità «risultanti da atti di donazione effettuati all’estero a favore di residenti».

L’ordinanza 27665/2020 conclude affermando che, quando l’articolo 56-bis Dlgs 346/90 si riferisce alla registrazione volontaria delle donazioni indirette, anche questa norma deve essere letta alla luce delle aliquote e alle franchigie oggi vigenti: il 4% applicabile al valore superiore a 1 milione di euro (donazione tra coniugi e parenti in linea retta), il 6% applicabile al valore superiore a 100mila euro (donazione tra fratelli), l’8% in ogni altro caso.

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