No alla dichiarazione sostitutiva «a favore» per recuperare l’imposta di bollo virtuale
L’interpello 350/23 nega la possibilità di compensare il debito d’imposta calcolato in eccesso: il contribuente può solo fare istanza di rimborso entro tre anni dal versamento
I soggetti autorizzati ad assolvere l’imposta di bollo in modo virtuale non possono presentare una dichiarazione sostitutiva a favore, per correggere errori della dichiarazione originaria che abbiano determinato un maggior debito d’imposta. Lo chiarisce la risposta dell’agenzia delle Entrate 350/2023 pubblicata il 19 giugno.
La disciplina della dichiarazione integrativa “a favore” (articoli 2, comma 8, e 8, comma 6-bis, del Dpr 322/98) è infatti applicabile esclusivamente alle dichiarazioni presentate ai fini delle imposte sui redditi, dell’Irap, dell’imposta sul valore aggiunto e dai sostituti d’imposta. Non può quindi trovare applicazione ai fini dell’imposta di bollo assolta in modo virtuale.
La regola generale
La dichiarazione dell’imposta di bollo virtuale deve essere presentata, entro il 31 gennaio di ogni anno e deve contenere l’indicazione del numero degli atti e documenti emessi nell’anno precedente, distinti per voce di tariffa, e degli altri elementi utili per consentire agli uffici di liquidare il conguaglio dell’imposta per l’anno precedente, le rate bimestrali per l’anno in corso e – per le banche, gli altri intermediari finanziari e le assicurazioni – l’acconto per l’anno successivo.
Ravvedimento e dichiarazione sostitutiva
In caso di errori che abbiano comportato un debito d’imposta inferiore al dovuto è possibile accedere al ravvedimento operoso presentando una dichiarazione sostitutiva. Sarà l’ufficio a riliquidare l’imposta e a comunicare al contribuente la possibilità di versare la sanzione ridotta ai sensi dell’articolo 13 del Dlgs 472/1997.
La risposta 350/2023, sotto questo aspetto, conferma la circolare 16/E del 2015, precisando che la dichiarazione sostitutiva può essere presentata entro il termine di decadenza dell’azione accertativa, ossia tre anni a decorrere dal giorno in cui è stata commessa la violazione (articolo 37, comma 1, Dpr 642/1972).
Se invece l’errore è a sfavore del contribuente, l’unica possibilità chiedere a rimborso mediante istanza, da presentarsi entro tre anni dal giorno in cui è stato effettuato il pagamento (articolo 37, comma 3 del Dpr. 642/1972). Di conseguenza non è possibile anticipare il recupero dell’imposta versata in eccesso compensandola con l’imposta dovuta nel periodo d’imposta in corso o nei successivi.
Una riflessione da parte del legislatore sull’opportunità di generalizzare la procedura di dichiarazione rettificativa a favore come è avvenuto per il ravvedimento operoso sarebbe auspicabile.