Imposte

Altro caos Imu per 12mila scuole: Mef ancora contro la Cassazione

Le nuove istruzioni tengono il riferimento al parametro del costo medio per studente. Il criterio fa evitare l’imposta anche con tariffe elevate: contenzioso assicurato

di Pasquale Mirto

Le istruzioni al nuovo modello Imu per gli enti non commerciali emanate con Dm Mef del 4 maggio, da utilizzare già per la dichiarazione da presentare entro il 30 giugno per gli anni 2022 e 2021, riprendono essenzialmente, salvo i dovuti aggiornamenti al nuovo quadro normativo, le vecchie istruzioni alla dichiarazione Imu-Tasi Enc, e quindi ripropongono gli stessi problemi derivanti dallo scollamento tra l’interpretazione ministeriale e quella fornita, costantemente, dal giudice di legittimità.

Tra le novità si segnala che la normativa (comma 770, legge 160/2019) prevede che gli enti non commerciali debbano presentare la dichiarazione ogni anno. Nelle istruzioni il ministero precisa, nonostante l’incerta formulazione normativa che fa comunque riferimento all’obbligo di presentazione della dichiarazione entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui sono intervenute variazioni rilevanti per la quantificazione dell’imposta dovuta, che la dichiarazione è basata su elementi di cui il Comune potrebbe non essere a conoscenza, e questo ne rende indispensabile la presentazione periodica.

Il quadro normativo per la qualificazione dell’attività come svolta in modo non commerciale è lo stesso della vecchia Imu, in quanto occorre fare riferimento all’articolo 91-bis del Dl 2012 e al Dm 200/2012, che individua i requisiti generali e specifici per qualificare un’attività come non commerciale, entrambi citati dal comma 759, lettera g) della legge 160/2019. Ma occorre tenere conto anche di tutta la giurisprudenza formatasi sull’Ici, visto che il comma 759 rinvia all’articolo 7, comma 1, lettera i) del Dlgs 504/1992.

Proprio quest’ultimo riferimento avrebbe dovuto portare a un ripensamento delle istruzioni ministeriali, soprattutto con riferimento ad alcune casistiche risolte diversamente dalla Cassazione. Qui viene in rilievo il problema delle scuole, che il Dm 200/2012 considera esentabili se l’attività è svolta a titolo gratuito, o dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico, tale da coprire una «frazione» del costo effettivo. Il problema è che le istruzioni ministeriali, vecchie e nuove, introducono un parametro non previsto né nella norma primaria né in quella secondaria, basato sul confronto tra il costo medio per studente (il Cms) pubblicato dal ministero dell’Istruzione e il corrispettivo medio (Cm) percepito dall’ente non commerciale. Nel nuovo modello l’attività è considerata non commerciale se il Cm è minore del Cms, mentre nelle vecchie istruzioni l’attività veniva considerata come non commerciale anche se i due valori erano uguali. Differenza di poco conto, perché l'esenzione, almeno per il ministero, è garantita se l’entrata copre fino al 99,9% dei costi, situazione ben diversa da quella prevista dal Dm 200/2012, che fa riferimento a importi simbolici o in grado di coprireuna frazione di costo.

Sul punto, il ministero ignora quella che oggi può considerarsi una consolidata giurisprudenza di legittimità, che ha costantemente cassato le istruzioni ministeriali e il criterio del costo medio, peraltro non previsto neanche nel Dm 200/2012 (da ultimo, e proprio sull’Imu, Cassazione 13 aprile 2023, n. 9927). Insomma, nulla di risolto, ma contenzioso assicurato.

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