Imposte

Zone economiche speciali, Italia in corsa per colmare il ritardo

di Giovanni Moschetta - Studio Nctm

La legge per lo sviluppo del Sud Italia ha aperto le porte a una serie di misure volte a rafforzare la crescita economica del Meridione. Essa rappresenta una tabella di marcia per il Sud che potrebbe avere la giusta flessibilità per dare gli esiti sperati. La legge prevede che venga emanato un Regolamento per definire gli aspetti economici dello sviluppo, con particolare attenzione alle Zone economiche speciali.

In data 27 febbraio 2018, in conformità alle disposizioni del decreto, è entrato in vigore il Regolamento recante l’istituzione di Zone Economiche Speciali (Zes). Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 25 gennaio 2018 n. 122 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2018 e definisce le modalità per l’istituzione di una Zes, anche di tipo interregionale, la sua durata, i criteri per l’identificazione e la delimitazione dell’area della Zes, i criteri che disciplinano l’accesso delle aziende, il coordinamento generale degli obiettivi di sviluppo.

Per completare il quadro legislativo che andiamo a descrivere, il Governo dovrà emanare singoli Decreti (Dpcm) per ciascuna Zes.

Il quadro normativo italiano
Con tali misure, l’istituzione delle Zone Economiche Speciali (Zes) si può dire pronta. Tali zone avranno “burocrazia zero” e ulteriori benefici fiscali rispetto al sistema ordinario di tassazione delle società vigente nell’Italia meridionale (investimenti ammissibili fino a 50 milioni). Sono ammesse dUe Zes per ciascuna delle sei regioni meridionali (Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna).

Si tratta di una forte spinta agli investimenti. Un impegno politico ed economico forte del Governo, un “new deal” per il Sud, per cercare di raggiungere una maggiore coesione tra Nord e Sud ed incentivare le imprese già operanti sul territorio e le nuove a scommettere sul Meridione.

Le nuove Zes dovranno ispirarsi ad un modello comune di crescita economica (modalità, durata e relativi criteri che ne disciplinano l’accesso in termini economici, finanziari e amministrativi). Dovranno puntare ad interagire tra loro e ad assicurare il pieno collegamento del territorio alla rete transeuropea dei trasporti (TEN-T, rete centrale e globale, ridisegnata nel 2013 a livello Ue).

Il testo legislativo dovrà essere attuato attraverso piani d’azione che non sono stati ancora ultimati. Entro la fine dell’anno, si potrà verificare se il coro unanime di coloro che hanno salutato l’adozione della legge sarà capace di rimanere unito, quando si tratterà di far cessare i “campanilismi locali” e agire per la crescita economica ed occupazionale dell’intero Mezzogiorno.

Non v’è dubbio che l’istituzione di una o due Zes per Regione, dove verranno applicate procedure semplificate e regimi speciali oltre a benefici fiscali per le imprese, richiederà un’intesa tra attori istituzionali ed economici, a volte non evidente ma necessaria, al fine di evitare distorsioni della concorrenza, nel pieno rispetto della normativa comunitaria vigente in materia di aiuti di Stato.

L’architettura normativa delle Zes è tracciata. Si tratta, ora, di redigere piani dettagliati per garantire la viabilità delle singole Zes, come pure la loro interoperabilità e interconnessione.
Le Zone Economiche Speciali (Zes) sono aree geografiche nell’ambito delle quali un’autorità statale offre incentivi a beneficio delle aziende che vi operano, attraverso strumenti e agevolazioni che agiscono in un regime derogatorio rispetto a qUelli vigenti per le ordinarie politiche nazionali.

Le Zes presenti nell’Ue hanno come obiettivo fondamentale l’aumento della competitività delle imprese insediate, l’attrazione di investimenti diretti, soprattutto da parte di soggetti stranieri, l’incremento delle esportazioni, la creazione di nuovi posti di lavoro e il più generale rafforzamento del tessuto produttivo attraverso stimoli alla crescita industriale e all’innovazione : “poli di crescita” (growth poles), in linea con gli indirizzi politici della politica dei trasporti marittimi (Dichiarazione di La Valletta del 29 marzo 2017).

Le Zes possono assumere numerose forme, tra le quali:

•Parchi industriali (Industrial Park - IP): definiti come aree sviluppate e divisi in lotti sulla base di un piano generale che comprenda infrastrutture, trasporti, utilities, con o senza unità produttive, in taluni casi con servizi di uso comune a beneficio delle imprese stabilite.

•Eco-Industrial Park (EIP): comunità di imprese manifatturiere e di servizi alla ricerca di migliori performance dal punto di vista economico e ambientale attraverso la collaborazione nella gestione di elementi quali energia, ciclo delle acqUe, riciclo di materie prime, e così via.

•Parchi Tecnologici (Technology Park - TP): secondo l’International Association of Science Parks (IASP), si tratta di organizzazioni gestite da soggetti specializzati, il cui scopo è promuovere la cultura dell’innovazione e la competitività delle imprese associate e delle altre istituzioni coinvolte.

•Zone Franche (Free trade zones - FTZ): aree delimitate esenti da dazi e/o imposte che offrono strutture per lo stoccaggio e la distribuzione per operazioni di commercio, trans-shipment e re-export.

•Distretti per l’innovazione (Innovation District - ID): spesso sviluppati nelle aree urbane, possono essere definiti come un ecosistema di innovazione top-down costruito in base a modelli multidimensionali di innovazione tesi a rafforzare la competitività delle aree interessate.

La nuova legge prevede che al comitato d’indirizzo spetterà – ferme restando le competenze che la normativa nazionale e comunitaria attribuiscono alle autorità doganali o altre autorità – gestire l’area Zes attraverso:

•elaborazione di un business plan (normalmente con durata triennale o quinqUennale);

•la strategia generale della Zes;

•gli obiettivi in termini di volumi di investimenti attratti, valore aggiunto generato, flussi di import-export e occupazione creata;

•gli strumenti agevolativi da attivare per perseguire gli scopi prestabiliti e la dotazione finanziaria disponibili per creare incentivi di tipo finanziario e fiscale;

•individuazione dei requisiti tecnici ed economici necessari per consentire l’insediamento di un’impresa;

•definizione di procedure amministrative e burocratiche semplificate per la realizzazione degli investimenti;

•realizzazione delle opere infrastrutturali e di servizio funzionali allo sviluppo dell’area (rete di trasporto, telecomunicazioni, sicurezza, fornitura energetica, ecc.);

•determinazione dell’iter procedurale, delle condizioni e dei termini per la concessione o la vendita di terreni o immobili;

•realizzazione di attività promozionali e di comunicazione nei confronti dei potenziali investitori;

•supervisione di tutti gli aspetti amministrativi e burocratici connessi alla gestione della Zes.

Le Zes e il quadro giuridico dell’Ue
Una volta definita l’architettura interna di ciascuna Zes, queste dovranno essere notificate a Bruxelles e passare al vaglio dei servizi competenti della Commissione Europea ai fini della verifica della loro compatibilità con le norme in materia di aiuti di Stato.

Il quadro giuridico dell’Ue in materia di aiuti di Stato descritto negli “Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale per le annualità 2014-2020” detta i principi fondamentali in materia di valutazione della compatibilità degli aiuti a finalità regionale.
Gli Orientamenti indicano che «…per stabilire se una misura di aiuto notificata possa essere ritenuta compatibile con il mercato interno, la Commissione ne analizza in genere la struttura per accertarsi che l’impatto positivo generato nel conseguire un obiettivo di interesse comune superi i potenziali effetti negativi sugli scambi e sulla concorrenza».

È importante sottolineare che, nella Comunicazione sulla modernizzazione degli aiuti di Stato dell’8 maggio 2012, si auspica l’identificazione e definizione di principi comuni applicabili dalla Commissione nella valutazione della compatibilità di tutte le misure d’aiuto. A tal fine, la Commissione considererà un aiuto compatibile con il Trattato solo in quanto soddisfi tutti i segUenti criteri:

•contributo ad un obiettivo ben definito di interesse comune: una misura di aiuto di Stato deve puntare a un obiettivo di interesse comune, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, del Trattato;

•necessità dell’intervento statale: una misura di aiuto di Stato deve essere indirizzata verso una situazione in cui può determinare un miglioramento tangibile che il mercato da solo non è in grado di fornire, ad esempio per porre rimedio a un fallimento del mercato o per risolvere qUestioni in materia di equità o coesione;

•adeguatezza della misura di aiuto: la misura di aiuto proposta essere uno strumento politico adeguato per conseguire l’obiettivo di interesse comune;

•effetto di incentivazione: l’aiuto deve essere tale da modificare il comportamento delle imprese interessate, spingendole ad intraprendere un’attività supplementare che non svolgerebbero senza l’aiuto o svolgerebbero soltanto in modo limitato o diverso o in un altro luogo;

•proporzionalità dell’aiuto/aiuto limitato al minimo: l’aiuto deve essere limitato al minimo indispensabile per stimolare investimenti o attività supplementari nella zona interessata;

•limitazione di effetti negativi indebiti sulla concorrenza e sugli scambi tra gli Stati membri: gli effetti negativi dell’aiuto devono essere sufficientemente limitati, in modo che il risultato complessivo della misura sia positivo;

•trasparenza degli aiuti: gli Stati Membri, la Commissione, gli operatori economici e il pubblico devono avere facile accesso a tutti gli atti e le informazioni pertinenti in merito alla concessione dell’aiuto.

Dal punto di vista generale, gli aiuti che possono essere concessi sono di due tipi:

•Aiuti agli investimenti: in Italia, le zone che possono beneficiare degli aiuti agli investimenti a finalità regionale ai sensi delle norme Ue sono sei: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna, che aggregano una popolazione totale di 20,6 milioni di abitanti. I livelli massimi di aiuto che possono invece essere concessi in relazione a progetti di investimento variano in base alle dimensioni del soggetto richiedente: nel caso delle grandi imprese, il range da tenere in considerazione è compreso tra il 10% ed il 25% dei costi di investimento complessivi, a seconda dell’area di riferimento, con la possibilità di ottenere maggiorazioni relative all’intensità di aiuto pari al 10% per le imprese di medie dimensioni e del 20% per le piccole aziende;

•Aiuti al funzionamento: in aggiunta agli aiuti agli investimenti, la normativa europea prevede la possibilità che le PMI possano a loro volta ottenere agevolazioni per ridurre le spese correnti di un’impresa non legate a un investimento iniziale. Tali spese includono i costi del personale, dei materiali, dei servizi appaltati, delle comunicazioni, dell’energia, della manutenzione, di affitto, di amministrazione ecc., ma non i costi di ammortamento e di finanziamento se qUesti sono stati inclusi tra le spese ammissibili al momento della concessione delle agevolazioni per investimenti.

Gli aiuti a finalità regionale destinati a ridurre le spese correnti di un’impresa costituiscono aiuti al funzionamento e sono ritenuti compatibili con il mercato interno, in determinate condizioni (compensare svantaggi specifici o permanenti riscontrati dalle imprese nelle regioni svantaggiate; prevenire o ridurre lo spopolamento nelle zone a bassissima densità demografica).

Nell’Unione Europea sono già operative circa 91 Zone Franche (comprensive delle Zone Economiche Speciali), alcune delle quali possono essere individuate come vere e proprie best practices:

•Irlanda (Shannon): la Shannon duty-free Processing Zone (SPZ), creata nel 1959;

•Portogallo (Madeira): nel 1980 è stata istituita una free trade zone (FTZ), che, grazie a specifici accordi, ha mantenuto anche successivamente il regime di agevolazioni in essere.

Le società operanti nell’ambito della FTZ, oltre ad esenzioni o agevolazioni fiscali in materia di imposte sui redditi, beneficiano di rilevanti vantaggi anche in relazione ai dazi doganali;

•Polonia: la Polonia è la nazione che conta il numero maggiore di Zes, 14, il cui principale beneficio è costituito dall’esenzione fiscale sulle imposte sul reddito. In aggiunta agli aiuti agli investimenti la normativa europea ammette la possibilità che le piccole e medie imprese possano ottenere aiuti destinati a ridurre le spese correnti di una impresa non legate a investimenti iniziali. Tali spese includono i costi del personale, dei materiali, dei servizi appaltati, delle comunicazioni, dell’energia, della manutenzione, dell’affitto, di amministrazione.

Le Zes in Italia: lo stato dell’arte

Con il decreto sviluppo del Mezzogiorno, l’Italia punta a colmare il ritardo. Al momento si registrano quattro aree in qualche maniera ricadenti nel modello “free tax”:

•Porto Franco di Trieste, che rappresenta un caso peculiare nell’ordinamento giuridico italiano e comunitario (considerazioni storico-politiche che ne segnarono l’istituzione);

•Porto franco di Venezia: la Venice Free Zone (VFZ) è il Punto Franco doganale del Porto di Venezia, i cui vantaggi economici possono essere ricondotti principalmente al fatto che le merci provenienti da Paesi esterni all’Unione Europea possono rimanere nella Venice Free Zone mantenendo lo stato estero;

•Zona franca del porto di Gioia Tauro: si tratta della prima Zona Franca non interclusa in Italia, istituita dall’Agenzia delle Dogane il 1° agosto 2003;

•Zona Franca del porto di Taranto - costituita presso l’area portuale - è stata qualificata come “non interclusa” con l’obiettivo di agevolare l’esercizio semplificato delle attività di import/export senza il pagamento di alcun dazio per le movimentazioni condotte nel perimetro.

Conclusioni
Il nuovo approccio dell’Italia allo sviluppo economico del Meridione punta ad affiancare ai fondi strutturali dell’Ue gli incentivi per le imprese nelle zone a sviluppo economico limitato. Non è chiaro se tale approccio funzionerà, ma si tratta di un cambiamento importante rispetto al passato.

L’Ue dovrà valutare la legittimità del nuovo approccio attraverso la lente delle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato. È chiaro che alcuni incentivi potrebbero essere visti come sussidi ma, nello stesso tempo, l’apporto di iniziative imprenditoriali è una situazione nuova che occorrerebbe incoraggiare.

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