Imposte

Tax ruling con limiti ampi: «Vale il diritto nazionale»

La Corte Ue riabilita l’accordo del 2012 tra Lussemburgo e Fiat, già sanzionato in due gradi di giudizio. L’aiuto di Stato va valutato escludendo i principi Ocse se non sono richiamati

di Alessandro Galimberti

«Errore di diritto» nell’applicazione della regola sugli aiuti di Stato. La Corte di giustizia Ue, a distanza di dieci anni, chiude in modo lapidario il tax ruling del 2012 tra il Granducato di Lussemburgo a Fiat Chrysler Finance Europe.

La sentenza della Grande Sezione nelle cause riunite C-885/19 e C-898/19 (l’Irlanda si era costituita al fianco del Granducato) ribalta le due precedenti della Commissione (2015) e del Tribunale di primo grado (2019) che, censurando il «vantaggio selettivo» concesso alla finanziaria italo-lussemburghese, la condannava a restituire 30 milioni di euro di tasse.

La questione era tra le più classiche sui prezzi di trasferimento, applicati in questo caso ai servizi di tesoreria e di finanziamento forniti dalla finanziaria alle società del gruppo con sede in Europa, escluse le italiane. Secondo la commissaria alla concorrenza, Margrethe Vestager, il ruling granducale si era notevolmente distanziato dalle linee guida Ocse, tanto da far scrivere alla Ue, in un impeto di armonizzazione etica, che «la questione se una misura fiscale costituisca una deroga al sistema di riferimento coincide generalmente con la constatazione di un vantaggio conferito da tale misura al suo beneficiario».

In questo modo la Commissione prima, e il Tribunale poi, avevano tracciato l’equivalenza teorica (e pratica) tra i concetti di «convenienza fiscale» e di quello di «aiuto illecito di Stato». Non bastasse, la Commissione ha ricordato che, «secondo la giurisprudenza, nel caso di una misura individuale, l’individuazione del vantaggio economico consente, in linea di principio, di presumerne la selettività».

La reprimenda della Corte inizia proprio da qui, ricordando che, al di fuori dei settori in cui il diritto tributario dell’Ue è armonizzato, spetta solo allo Stato determinare «attraverso l’esercizio delle proprie competenze» le caratteristiche delle imposte (in questo caso dirette, ndr) , a cominciare dalla determinazione della base imponibile e del suo fatto generatore. Ancora, nell'esame di un vantaggio fiscale selettivo «non possono essere presi in considerazione parametri e regole esterni al sistema tributario nazionale (...) a meno che non vi si faccia esplicito riferimento». Tale è il «principio di legalità dell'imposta», in quanto «principio generale del diritto».

A seguire la Corte enumera i criteri base per bollare come «selettive», cioè illecite, le misure di volta in volta sotto esame. Così, la Commissione deve individuare il sistema di riferimento «normale» applicabile nello Stato interessato, e dimostrare, poi, che la misura fiscale in contestazione deroga a tale sistema di riferimento, introducendo differenziazioni tra operatori che sono in una situazione materiale e giuridica comparabile

E nemmeno la tecnica legislativa interna può essere decisiva al fine di dimostrare la selettività di una misura fiscale: chiaro riferimento alla norma del Lussemburgo indicata, con tecnica circolare, a sostegno della tesi d’accusa.

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