Controlli e liti

Al Fisco otto anni per contestare anche i crediti non spettanti

L’ordinanza 24093/2020 della Cassazione: si applica il termine più ampio a prescindere che la norma si riferisca solo agli importi inesistenti

di Antonio Iorio e Laura Ambrosi

Anche per i crediti non spettanti il termine di decadenza del potere di accertamento è di otto anni e ciò a prescindere che la norma espressamente si riferisca solo ai crediti inesistenti. A fornire questa rigorosa interpretazione è la Cassazione con l’ordinanza 24093/2020 depositata il 30 ottobre 2020.

La vicenda trae origine dall’impugnazione di un atto di recupero di un credito di imposta emesso dall’agenzia delle Entrate. Il contribuente eccepiva, tra l’altro, la tardività del provvedimento poiché notificato oltre la decadenza. In particolare, secondo il ricorrente l’atto impositivo doveva essere notificato entro il 31 dicembre del quarto anno successivo (nella versione vigente all’epoca dell’articolo 46 Dpr 600/73) e poiché l’Amministrazione non aveva fornito alcuna prova sulla rilevanza penale della violazione, non poteva applicarsi il raddoppio dei termini. Entrambi i giudici di merito confermavano la tardività della notifica.

L’Agenzia ricorreva in Cassazione lamentando, in sintesi, un’errata applicazione della norma: secondo l’ufficio, per gli atti di recupero dei crediti di imposta è applicabile l’articolo 27 (commi 16 e 17) del Dl 185/2008, in base al quale il termine di decadenza è di otto anni decorrenti dalla data di utilizzo. Sul punto il contribuente evidenziava che la norma citata si riferiva ai soli crediti inesistenti e non, come nella specie, non spettanti.

La Suprema corte, accogliendo la tesi dell’ufficio, ha precisato che tale norma nel fissare il termine di otto anni per il recupero dei crediti inesistenti compensati, non intende elevare l’inesistenza del credito a categoria distinta dalla non spettanza, ma mira a garantire un margine di tempo adeguato per compiere le verifiche.

Secondo i giudici di legittimità la distinzione tra crediti inesistenti e non spettanti «è priva di fondamento logico-giuridico». Per tale ragione, quindi, la pronuncia ha escluso che si applichi il termine più breve previsto dall’articolo 43 Dpr 600/73, poiché l’amministrazione può contare sul più ampio di 8 anni.

La decisione desta qualche perplessità. Innanzitutto, il distinguo tra crediti inesistenti e non spettanti è proprio voluto dal legislatore il quale ha previsto sanzioni sia amministrative sia penali diverse a seconda dell’ipotesi. Sotto il profilo tributario, se si tratta di credito inesistente, la sanzione va dal 100 al 200%, mentre se non spettante è del 30 per cento.

In ambito penale, invece, i crediti inesistenti sono puniti con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni; invece per i crediti non spettanti la reclusione va da sei mesi a due anni.

Emerge così che nell’ordinamento esiste una netta distinzione tra le due tipologie di violazione. Alla luce di tali considerazioni, quindi, sembrava logico ritenere che il termine «inesistenti» espressamente citato dal legislatore per disciplinare la decadenza di 8 anni, si riferisse esattamente a quella categoria.

In altre parole nonostante il legislatore faccia riferimento alla decadenza lunga solo per i crediti «inesistenti», i giudici di legittimità ritengono di estenderla anche a quelli non spettanti, e ciò tralasciando, verosimilmente, la funzione di garanzia (pro contribuente) sempre attribuita al termine di decadenza.

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