Assuntore di concordato, valore fiscale delle attività uguali all'esborso
Per l’assuntore che interviene nel concordato fallimentare, il costo fiscale da attribuire alle attività della società acquisita coincide con l’esborso finanziario.
In caso di concordato fallimentare, il residuo attivo è costituito dalle disponibilità che rimangono in seguito alla soddisfazione di tutti i creditori ammessi al concorso, nonché al pagamento del compenso del curatore e delle spese di procedura. Il valore di tale residuo è, pertanto, pari al valore di quanto restituito all’imprenditore in sede di chiusura della procedura.
In applicazione di tale principio, nel caso in cui il fallimento si concluda attraverso la rilevazione da parte di un terzo assuntore dell’intero attivo fallimentare, il valore del residuo attivo è sempre pari a zero. Ne consegue che, in tale ipotesi, la procedura fallimentare non determina mai la maturazione di alcun reddito imponibile.
A tale riguardo, l’agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 55 del 30 ottobre 2018, ha fornito alcuni chiarimenti in merito alle modalità di determinazione del costo fiscalmente riconosciuto alle attività rilevate dall’assuntore nell’ambito, appunto, del concordato fallimentare.
Nella fattispecie esaminata dall’agenzia delle Entrate, una società si era accollata l’adempimento delle obbligazioni concordatarie relative a una società in stato di crisi, impiegando, a tal fine, risorse di cassa e risorse proprie.
A seguito dei pagamenti, l’assuntore acquisiva la titolarità giuridica delle attività della società, costituite tra l’altro da crediti tributari, beni immobili, azioni di responsabilità, titoli e crediti diversi, partecipazioni.
Sulla base di quanto sopra, il contribuente chiedeva chiarimenti all’agenzia delle Entrate in relazione al costo fiscale da attribuire alle attività della società acquisite dall’assuntore.
L’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che, ai fini delle imposte dirette, il costo fiscale da attribuire alle attività acquisite coincida con l’esborso finanziario sostenuto dall’assuntore.
Tale valore deve, quindi, essere ripartito dall’assuntore, proporzionalmente tra i singoli cespiti, in modo da riflettere il valore reale dei singoli asset, beni e diritti, acquisiti.
I chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate sono conformi a quanto previsto nella risoluzione n. 118/E del 2007, nella quale veniva affermato che il concordato fallimentare con l’intervento di un assuntore ha natura traslativa dal momento che l’assuntore si accolla le passività e diviene proprietario delle attività e passività della società fallita così come risultano dalla sentenza di omologazione del concordato.
Si ricorda altresì che nel caso di concordato fallimentare, il curatore è tenuto, ai sensi dell’articolo 5, quarto comma, del Dpr 322/1998, a presentare la dichiarazione dei redditi riguardante l’intero periodo d’imposta della procedura concorsuale. Tale dichiarazione deve essere presentata entro l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello di chiusura della procedura concorsuale, individuato dalla data di passaggio in giudicato del decreto di omologa.
Il reddito da indicare in tale dichiarazione è determinato ai sensi dell’articolo 183, secondo comma, del Dpr 917/1986. Tale norma prevede che il reddito d’impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura del procedimento concorsuale è costituito dalla differenza tra il residuo attivo e il patrimonio netto dell’impresa all’inizio del procedimento fallimentare, determinato in base ai valori fiscalmente riconosciuti.
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