Regime degli impatriati anche prima del lavoro in Italia ma solo con la dichiarazione
La risposta a interpello 59/2020: agevolazione preclusa senza richiesta al datore o indicazione in 730 o Redditi
I benefici fiscali per i lavoratori impatriati si applicano anche se il trasferimento della residenza precede l’inizio dell’attività lavorativa in Italia, ma solo dall’anno in cui tali benefici vengono «dichiarati». Sono le conclusioni a cui è giunta l’agenzia delle Entrate nella risposta a interpello 59 del 13 febbraio.
La questione
Il caso riguarda una cittadina italiana, in possesso di un titolo di laurea, che aveva trasferito la propria residenza all’estero nel 2009 per poi fare rientro in Italia nel maggio del 2017. Ad aprile del 2017, aveva stipulato un pre-contratto di lavoro con l’ufficio di un Comune italiano, presso cui era stata assunta nel settembre dello stesso anno. L’istante dichiarava di lavorare prevalentemente in Italia e di aver presentato la dichiarazione dei redditi per il 2017 senza tuttavia l’applicazione degli incentivi ex articolo 16 del Dlgs 147/2015. Ciononostante chiedeva conferma circa la possibilità di fruire dell’agevolazione a decorrere dalla data di trasferimento della residenza in Italia (2017).
Il regime speciale in questione, oggetto di recenti modifiche normative che ne hanno sostanzialmente esteso l’attrattività, nella formulazione vigente ratione temporis prevedeva che i redditi di lavoro dipendente e autonomo prodotti in Italia partecipassero alla formazione del reddito complessivo ai fini Irpef nella misura del 50 per cento.
In particolare, il comma 2 del citato articolo 16 includeva (e continua a includere) tra i destinatari degli incentivi anche i cittadini dell’Ue:
● in possesso di un titolo di laurea;
●e che avessero svolto continuativamente un’attività di lavoro fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero un’attività di studio conseguendo un titolo di laurea o post lauream.
Nella fattispecie oggetto dell’interpello, l’agevolazione poteva applicarsi (solo) per un quinquennio a decorrere dall’anno in cui la residenza fiscale era stata trasferita in Italia. In merito al lasso temporale tra il trasferimento della residenza e l’inizio dell’attività lavorativa in Italia, si ritiene che possano accedere al beneficio anche coloro i quali trasferiscono la residenza in Italia prima ancora di iniziare l’attività, a condizione che sia ravvisabile un collegamento tra i due eventi (circolare n. 17/E/2017).
L’accordo precontrattuale
In questo senso, nel caso di specie l’Agenzia ha valutato positivamente l’accordo precontrattuale sottoscritto dall’istante nell’aprile del 2017, ritenendo che tale accordo sia idoneo a giustificare il collegamento tra il trasferimento della residenza (a maggio 2017) e l’inizio effettivo dell’attività lavorativa in Italia (a settembre 2017). Si tratta di una conclusione condivisibile.
Meno condivisibile appare invece la precisazione secondo cui, dal momento che l’istante non ha formulato alcuna richiesta per l’applicazione degli incentivi al proprio datore di lavoro nel periodo di imposta di rimpatrio (2017) né in quello successivo (2018), né ne ha dato evidenza nelle relative dichiarazioni dei redditi, l’accesso al regime per questi anni sarebbe ormai precluso, ferma restando la possibilità di beneficiarne per i restanti tre periodi di imposta del quinquennio agevolabile.
Al ricorrere di tutti i requisiti richiesti dalla norma, non si vede infatti motivo sotto il profilo sostanziale per cui all’istante non possa essere riconosciuto il diritto di applicare il beneficio mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa “a favore” per il 2017 e il 2018.