Imposte

Cessione di preliminare, rimborso caparra con fattura

Per la risposta a interpello 95/2022 delle Entrate si tratta di un corrispettivo rilevante ai fini Iva. In realtà la restituzione è simile a quella nel mandato senza rappresentanza

Se il cessionario di un contratto preliminare restituisce al cedente (originario promissario acquirente) parte della caparra confirmatoria da quest’ultimo corrisposta al promittente venditore, si verifica – se il cedente è un soggetto Iva – tale rimborso parziale è qualificabile come il corrispettivo della cessione del contratto e, come tale, qualificabile come una prestazione di servizi soggetta a Iva: pertanto, all’atto della cessione del contratto preliminare, l’originario promissario acquirente deve emettere una fattura di importo pari a quello della caparra confirmatoria che ottiene in restituzione, a nulla rilevando che le parti avevano inteso cedere “gratuitamente” il contratto. È quanto afferma la risposta a interpello 95/2022 delle Entrate.

Il caso è quello di Alfa che si obbliga ad acquistare da Beta un bene immobile per un dato prezzo, versando a Beta una caparra confirmatoria di 100; poi Beta cede a Delta la propria posizione di promissario acquirente e Delta rimborsa a Beta la caparra di 100 (nel caso esaminato nella risposta 95, è stato restituito un importo minore – in ipotesi 80 – con la conseguenza che Beta evidentemente in questo affare ha maturato una perdita).

L’argomentazione dell’Agenzia è che la cessione del contratto va compresa tra le operazioni che rientrano nel perimetro del presupposto oggettivo dell’Iva (articolo 3, comma 2, n. 5, del Dpr 633/72), le quali, «se effettuate verso corrispettivo» generano l’imponibilità a Iva. Da questa considerazione deriverebbe, secondo l’Agenzia, che il versamento effettuato dal cessionario del contratto preliminare al cedente «non possa configurarsi come restituzione» della caparra confirmatoria, «ma costituisca … un corrispettivo rilevante ai fini Iva».

Questa argomentazione desta perplessità: infatti, da un lato, la restituzione della caparra confirmatoria non è giuridicamente qualificabile in termini di “corrispettivo” della cessione del contratto e, d’altro lato, la dazione della caparra confirmatoria è operazione al di fuori del campo di applicazione dell’Iva (Corte di giustizia, causa C-277/05; risoluzione 501824/74; Circolare 18/2013).

Più in generale, il fenomeno del rimborso della caparra confirmatoria al soggetto che cede il contratto preliminare appare del tutto parificabile al rimborso che il mandatario senza rappresentanza ottiene dal mandante in ordine alle spese che il mandatario ha effettuato per conto del mandante: l’articolo 3, comma 3, del Dpr 633/72, impone al mandatario di rifatturare «le prestazioni di servizi» che il mandatario ha ricevuto, con la conseguenza che quando il mandatario riceve il rimborso di spese non corrispondenti al ricevimento di una prestazione di servizi (si pensi al rimborso di una imposta che il mandatario ha pagato) allora nessuna fatturazione va effettuata.

Altro conto è se il cessionario del contratto preliminare effettui il rimborso di un acconto (o di una caparra confirmatoria qualificata come acconto) che il promissario acquirente abbia sborsato (unitamente all’Iva) a favore del promittente venditore: in tal caso, infatti, correttamente il soggetto che cede il preliminare fattura al cessionario il rimborso dell’acconto in quanto è una situazione del tutto identica a quella del mandatario che rifattura al mandante una prestazione di servizi di cui il primo ha beneficiato.

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