Confisca per sproporzione, chi sono i destinatari
La risposta è stata data dalla Guardia di Finanza al quesito posto dagli esperti e lettori del Sole 24 Ore nel corso di Telefisco 2020
La confisca per sproporzione prevista dall'art. 240-bis del codice penale è una misura di sicurezza patrimoniale applicabile in caso di sentenza di condanna o di patteggiamento per uno dei reati tassativamente individuati dal legislatore.
Tra questi reati, per effetto delle modifiche introdotte dall'articolo 39, comma 1, del D.L. n. 124/2019, che ha aggiunto l'art. 12-ter al decreto legislativo n. 74/2000, figurano anche i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, emissione di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, con riferimento alle condotte poste in essere dopo l'entrata in vigore della legge di conversione (25 dicembre 2019) e a condizione che vengano superate specifiche soglie di evasione.
In presenza di un reato tributario imputato al legale rappresentante di una società, la verifica del requisito della sproporzione va operata esclusivamente sul legale rappresentante in quanto, come accade per la sanzione penale principale prevista per le singole fattispecie delittuose, anche la misura ablatoria in questione colpisce sempre e soltanto l'autore del reato e non anche l'ente di appartenenza.
Ne consegue che, in caso di accertato squilibrio economico-reddituale tra i beni facenti parte del patrimonio personale del legale rappresentante (soggetto condannato) e le sue disponibilità ufficiali, la confisca potrà riguardare solo beni facenti parte del patrimonio personale della persona fisica e non anche dell'ente.
Ai fini della sussistenza del requisito della sproporzione, dovranno essere censiti e quantificati tutti gli investimenti posti in essere dal soggetto in un arco temporale ragionevolmente prossimo alla data di commissione del reato, comprese le eventuali somme versate nella società a titolo di capitale di rischio (conferimenti, partecipazioni a successivi aumenti di capitale, ecc.), che, sul piano patrimoniale, corrispondono alla titolarità di una partecipazione all'interno della società stessa sotto forma, a seconda dei casi, di quote o azioni.
Queste sono le disposizioni di carattere generale. E' chiaro che la loro applicazione dovrà tenere conto delle circostanze concrete e, soprattutto, delle reali caratteristiche del soggetto societario.
In presenza di enti che costituiscono costruzioni giuridiche artificiose e strutture interposte nella titolarità di beni, l'accertamento della sproporzione dovrà essere effettuato in capo all'autore del reato fiscale tenendo conto sia del suo patrimonio personale, sia di quello intestato fittiziamente all'ente.
La prospettiva è differente in ipotesi di illeciti tributari commessi nell'ambito di organizzazioni societarie complesse, caratterizzate da una netta separazione tra l'assetto proprietario e quello amministrativo, come ad esempio nel caso delle società ad azionariato diffuso.
In questi casi, di norma, è la società a conseguire il profitto del reato fiscale, per cui l'azione ablativa dovrebbe essere più propriamente rivolta ai beni sociali applicando le disposizioni in tema di responsabilità amministrativa degli enti di cui al decreto legislativo n. 231/2001, che per effetto delle modifiche introdotte dal comma 2 dell'art. 39 del D.L. n. 124/2019 prevedono la confisca, anche nella forma per equivalente, dei beni della persona giuridica che ha tratto interesse o vantaggio dai reati tributari commessi dai soggetti preposti.
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