Imposte

Contabilità semplificata, il piano del governo punta alla deduzione immediata degli investimenti

La proposta di riforma per introdurre i versamenti mensili o trimestrali delle imposte mira a consentire la deducibilità immediata degli ammortamenti

di Giovanni Parente e Gianni Trovati

Doppia scommessa per la riforma del fisco per le partite Iva. Semplificare il sistema di versamenti per arrivare a scadenze mensili o trimestrali. Ma anche stimolare ancora di più gli investimenti. Con un occhio rivolto anche al miglioramento della compliance, ossia dell’adeguamento spontaneo dei contribuenti. La sottile linea di congiunzione è rappresentata dagli ammortamenti dei beni strumentali. Nella proposta di cash flow tax che il direttore delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, ha portato sul tavolo del Governo c’è proprio quella di consentire la deducibilità immediata dei costi per macchinari e altri beni necessari per lo svolgimento dell’attività. Di fatto si tratta del principale ostacolo da superare perché gli ammortamenti sono ancora la principale voce di bilancio ancorata al criterio della competenza. In pratica, un investimento diventerebbe immediatamente deducibile senza dover frazionare quote del costo del bene su più anni. In questo modo, si aprirebbe la strada all’applicazione del criterio di cassa anche per altre voci di spesa come quelle di manutenzione, di impianto o altre di carattere pluriennale. Certo, nella messa a punto della proposta bisognerà capire come gestire partite delicate come il Tfr e gli altri accantonamenti.

La strada è comunque segnata per dare una risposta in termini di semplificazioni alle istanze arrivate dai commercialisti e dalle associazioni di categoria che a più riprese hanno chiesto un’ulteriore proroga dei versamenti di saldo e acconto. Una risposta che punta ad arrivare a una liquidazione mensile o trimestrale delle imposte sui redditi agganciata all’andamento di cassa e superare il sistema attuale. Ciò consentirebbe anche di approdare alla dichiarazione precompilata Irpef per le partite Iva in contabilità semplificata. Anche se tra gli interrogativi che circolano c’è quello di quale sarà l’aliquota Irpef applicabile.

Naturalmente la riforma fiscale che i tecnici del governo stanno studiando per le partite Iva va inquadrata nel contesto più ampio della manovra d’autunno, per la strategia a cui risponde ma anche per le compatibilità finanziarie in cui si deve inserire. Sul primo aspetto la direzione è chiara. Lo sfoltimento dei 20 regimi di ammortamento che oggi occupano la scena fiscale risponde a un’esigenza di semplificazione, che aiuta anche a favorire l’adempimento spontaneo e i controlli su chi punta a forme di evasione ed elusione. E soprattutto si innesta nel filone degli strumenti di favore chiamati ad aiutare la ripresa degli investimenti privati fermati dal colpo del Covid.

Quanto di favore? Questo dipende dal punto d’incontro che si potrà trovare fra le richieste dei conti pubblici e l’esigenza di alleggerire il fisco sugli acquisti dei beni strumentali, in particolare di quelli che possono accompagnare la transizione verso modalità di produzione innovative o più sostenibili sul piano ambientale. Dipenderà da questo equilibrio la percentuale di ammortamento che potrà essere individuata per l’avvio del fisco per cassa, e che potrà cambiare nel corso degli anni a seconda dello scenario e delle necessità di utilizzo della leva fiscale in senso restrittivo o espansivo.

Le esigenze della finanza pubblica avranno inevitabilmente un peso determinante anche nel calendario di avvio della riforma, che potrebbe avvenire in due tempi. Una prima fase, secondo le ipotesi allo studio, potrebbe concentrarsi sulle imprese minori in contabilità semplificata e le persone fisiche che oggi rientrano nel perimetro del forfettario o dei vecchi regimi di vantaggio ora in via di esaurimento. Un programma del genere rinvierebbe alla seconda tappa l’estensione del fisco per cassa anche alle altre persone fisiche e società di persone.

Anche in questo caso si tratterebbe di un esordio comunque col botto, perché riguarderebbe circa tre milioni di soggetti divisi fra aziende in contabilità semplificata (1,8 milioni secondo gli ultimi dati disponibili sulle dichiarazioni relativi al 2018, fra cui 400mila società di persone) e 1,2 milioni di forfettari e minimi. Il primo tempo della riforma coinvolgerebbe quindi quasi i tre quarti della platea potenziale, lasciando alla seconda fase circa 800mila autonomi fuori da forfait e regime di vantaggio e 300mila imprese in contabilità ordinaria.

Si tratta di numeri ampi anche se non includono però le società di capitali né nella prima né nella seconda fase. Numeri da aggiornare per gli effetti della crisi. Lo snodo sono le risorse, da trovare in un bilancio pubblico stressato dalla crisi perché i fondi del Recovery and resilience fund non potranno finanziare direttamente le ambizioni fiscali italiane. Per questa ragione il governo torna a puntare sul taglio alle tax expenditures, e soprattutto sul dossier dei sussidi «ambientalmente dannosi», come spiegato ieri dal ministro dell’Economia Gualtieri al Senato. A patto di riuscire a superare gli scogli politici che fin qui hanno fermato tutti i progetti tentati sul tema dai vari governi negli ultimi dieci anni.

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