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Contraddittorio obbligatorio al via: esclusione degli avvisi parziali a rischio Ue

Il raggio d’azione ridotto è in potenziale contrasto con il diritto unionale come pure le pronunce sulla prova di resistenza

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di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

L’esclusione degli accertamenti parziali Iva dall’obbligo del contraddittorio preventivo è a rischio di violazione del diritto Ue. Ugualmente contrarie al diritto unionale sono alcune sentenze di Cassazione sulla prova di resistenza.

L’obbligo per gli uffici
A partire dagli atti emessi dal 1° luglio 2020, l’ufficio ha l’obbligo di instaurare il contraddittorio preventivo con il contribuente, notificando un invito a comparire. Tale obbligo non riguarda peraltro gli accertamenti parziali che rappresentano la maggioranza degli atti di rettifica e in particolare, come confermato nella circolare 17/E/2020, gli accertamenti parziali Iva, fondati su elementi certi e diretti. Proprio questa esclusione assoluta e pregiudiziale appare tuttavia in contrasto con la disciplina unionale che impone sempre e comunque il contatto preventivo con il contribuente. L’unica eccezione è rappresentata dal caso in cui il soggetto passivo non avrebbe nulla di rilevante da eccepire in concreto rispetto al progetto di accertamento dell’ufficio. Ma è del tutto evidente che una simile valutazione non può che essere effettuata a posteriori, e non aprioristicamente sulla base della tipologia di accertamento. Ne consegue che la previsione di legge è senz’altro in contrasto con la superiore regola comunitaria.

La prova di resistenza
In ogni caso, la nullità dell’atto emesso in violazione del contraddittorio preventivo può essere comminata solo se il contribuente supera la cosiddetta «prova di resistenza». Cioè, se l’interessato è in grado di dimostrare quali argomentazioni avrebbe potuto addurre per scongiurare l’emissione del provvedimento impositivo.

Sul punto, la circolare 17/E/2020 richiama l’esigenza che le eccezioni del contribuente non si risolvano in «elementi del tutto vacui, e dunque puramente fittizi e strumentali». In proposito, va tuttavia stigmatizzata quella parte della giurisprudenza di Cassazione che confonde la prova di resistenza con un’impossibile prognosi anticipata degli esiti del ricorso.

Il riferimento è, tra le altre, alla sentenza n. 3935/2020 con cui la Suprema corte ha ritenuto infondata l’eccezione di violazione dell’obbligo del contraddittorio preventivo sulla scorta dell’affermazione che la perizia di parte, che avrebbe potuto essere allegata in fase pre accertativa, pure prodotta in giudizio dal contribuente, non sarebbe stata allegata né riprodotta nel ricorso per Cassazione. O ancora alla sentenza n. 3227/2020, nella quale i giudici di legittimità non hanno ritenuto sufficiente il fatto che, in sede di mediazione, l’accertamento fosse stato comunque rettificato, in forza di deduzioni che ben avrebbero potuto essere fatte valere prima dell’emissione dell’atto.

Al riguardo, non è superfluo ricordare che la giurisprudenza della Corte di giustizia Ue si esprime in termini molto più garantisti per il contribuente. Si afferma ad esempio che è sufficiente, al fine di annullare l’accertamento, che sia dimostrato che le considerazioni della parte avrebbero portato alla «non totale esclusione di un risultato diverso» (Cgue del 4 febbraio 2106, cause riunite C-659/13 e C-34/14). In estrema sintesi, la prova di resistenza deve intendersi superata in tutti i casi in cui il contribuente avrebbe potuto addurre fatti astrattamente rilevanti ai fini dell’adozione del provvedimento impositivo.

La motivazione rinforzata
La circolare 17/E/2020, inoltre, sembra prendere posizione in favore della nullità dell’atto di accertamento privo della «motivazione rinforzata» sulle ragioni del rigetto delle osservazioni del contribuente. Sul punto, vale evidenziare che l’obbligo in esame, seppure espressamente sancito nell’articolo 5 -ter, comma 3, del Dlgs 218/1997, non è disposto a pena di nullità.

Nel paragrafo n. 4 del documento di prassi si legge, al riguardo, che gli esiti del contraddittorio costituiscono parte (integrante) della motivazione dell’atto. Ne deriva che la violazione dell’obbligo della motivazione rinforzata dovrebbe essere punita allo stesso modo della violazione dell’obbligo di motivazione, dunque, con la nullità dell’atto.