Contabilità

Dta, rimodulazione «variabile» per per gli avviamenti non dedotti

L’Agenzia dovrebbe risolvere il nodo delle date “spartiacque” sui disallineamenti civilistici e fiscali

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di Marco Piazza e Fabrizio Sala

L’interpello 956-1860/2019, non ancora pubblicato (ma anticpato negli articoli del Sole 24 Ore del 21 dicembre e 27 dicembre 2019), ha creato incertezze fra le imprese che al termine del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017 non avevano ancora dedotto fiscalmente quote d’ammortamento relative ad avviamenti e altre attività immateriali che abbiano dato (o avrebbero potuto dare) luogo all’iscrizione di attività per imposte anticipate (Dta).

L’interpello è stato presentato da una società non Ias adopter, che – avendo sostenuto costi di acquisizione di avviamenti – li ha ammortizzati civilisticamente secondo un piano temporale più rapido rispetto a quello previsto dall’articolo 103 del Dpr 917/1986 (Tuir). Le conseguenti variazioni fiscali in aumento comportano l’iscrizione di imposte anticipate, sempreché si preveda che i redditi futuri siano in grado di assorbire le variazioni in diminuzione che sarano fatte al termine del processo di ammortamento ordinario.

Viene chiesto se, in questo caso, sia applicabile l’articolo 1, comma 1079, della legge 145/2018 (ora modificato dall’articolo 1, comma 714, della legge 160/2019). Questa norma – letteralmente – riguarda gli ammortamenti non ancora dedotti fiscalmente, nell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2017, degli avviamenti e dei beni immateriali che abbiano dato luogo all’iscrizione di imposte anticipate in crediti d’imposta (articolo 2, commi 55, 56-bis, 56-bis.1 e 56-ter dell’articolo 2 del Dl 225/2010). Il comma 1079 prevede una rimodulazione (nel senso di un differimento) della deduzione di tali ammortamenti residui.

L’Agenzia risponde al quesito positivamente affermando che:
il richiamo all’articolo 2 del Dl 225/2010 ha il solo scopo di individuare le Dta iscrivibili «e potenzialmente convertibili» correlate alle quote di ammortamento a cui si applica la disposizione in esame;
la rimodulazione trova applicazione con riferimento alle quote di ammortamento relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali non ancora dedotte fiscalmente nel periodo d’imposta 2017 e ciò a prescindere dalla circostanza che – sulla base di valutazioni contabili – siano state iscritte attività per imposte anticipate in bilancio. Ciò che assume rilevanza è che il trattamento fiscale dell’attività abbia dato luogo al diritto di fruire in periodi d’imposta successivi alla deduzione delle relative quote di ammortamento.

Pare quindi che, per l’Agenzia, la rimodulazione riguardi tutti i soggetti che, al termine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2017, presentavano un disallinemento positivo fra i valori fiscali e quelli di bilancio dell’avviamento e degli altri beni immaterili a prescindere dalla circostanza che in bilancio sia stato iscritto un importo di Dta inferiore alle corrispondenti deduzioni fruibili.

Com’è stato evidenziato da più parti, lascia perplessi il fatto che l’Agenzia non abbia dato alcun rilievo al fatto che per le imprese non assoggettate a vigilanza della Banca d’Italia la conversione delle Dta era solo facoltativa; e che consideri presupposto della rimodulazione l’iscrivibilità delle Dta e non l’effettiva iscrizione. Le Entrate non prendono neppure in considerazione l’eventuale debenza del canone di garanzia di cui all’articolo 11 del Dl 59/2016 per accertare l’effettiva spettanza, e nel caso in quale misura, della possibilità di convertire ancora le Dta in crediti di imposta.

Quando si applica la rimodulazione
Anche a voler aderire all’opinione dell’Agenzia, occorre comunque cercare di definire in generale il campo di applicazione della norma. Come si desume anche dall’interpello, la rimodulazione riguarda piani di ammortamento interessati da disallineamenti suscettibili di comportare “Dta iscrivibili” (anche se, per qualche motivo, non inscritte).

Deve escludersi, quindi, che la rimodulazione possa riguardare:
gli avviamenti fiscalmente non riconosciuti (non essendo suscettibili di ammortamenti fiscali),
gli avviamenti affrancati in base all’articolo 176 del Testo unico o all’articolo 15, commi 10 e seguenti del Dl 185/2010 per i quali la società abbia contabilizzato l’imposta sostitutiva fra le imposte correnti dell’esercizio di affrancamento o l’abbia riscontata durante il periodo di ammortamento. Questi metodi di contabilizzazione, infatti, non generano i presupposti per l’iscrizione di imposte anticipate (circolare 37/E del 2012 e Assonime, circolare 15 del 2019, pagine 31 e 32), neppure quando gli ammortamenti civilistici siano più veloci di quelli fiscali o si sia svalutato solo civilisticamente l’avviamento (si veda l’Applicazione 1 dell’Oic, metodi 1 e 3, nella parte in cui si descrivono gli effetti di eventuali svalutazioni dell’avviamento).

La rimodulazione riguarda invece i casi di soggetti Ias che abbiano utilizzato il metodo 2 dell’Applicazione 1, Oic che consente di iscrivere, in seguito all’affrancamento, imposte anticipate fino a concorrenza della differenza fra il risparmio fiscale atteso per effetto dell’ammortamento dell’avviamento affrancato e l’imposta sostitutiva.

Stando all’interpello, riguarda anche le tante imprese non Ias adopter che abbiano iscritto un avviamento in conseguenza dell’acquisto di un’azienda a titolo oneroso (quindi non per conferimento, fusione o scissione) e abbiano adottato un piano d’ammortamento civilistico più veloce di quello fiscalmente consentito o abbiano svalutato l’importo iscritto inizialmente. In questi casi, infatti, si verificano i presupposti per l’iscrizione di Dta potenzialmente convertibili (prescindendo dalla circostanza che siano state o meno iscritte).

Gli effetti del blocco della convertibilità
Non può essere trascurato che, in base al comma 1079 in commento, non basta che i disallinementi esistenti al termine dell’esercizio 2017 siano suscettibili di comportare Dta iscrivibili; occorre anche che si tratti di Dta convertibili in base all’articolo 2 del Dl 225/2010.

Occorre a questo proposito tener presente che l’articolo 17 del Dl 83/2015 ha stabilito che le disposizioni sulla conversione delle Dta in crediti d’imposta non sono applicabili alle attività per imposte anticipate, relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali, “iscritte per la prima volta” a partire dai bilanci relativi all’esercizio in corso il 27 giugno 2015 (cosiddetto “blocco della convertibilità”).

Quest’ultima disposizione non è stata ancora commentata ufficialmente dall’agenzia delle Entrate e per una sua chiave di lettura ci si può affidare unicamente alla relazione illustrativa che aveva indicato che «(...) non sarà più possibile beneficiare del regime di trasformazione delle Dta in crediti d’imposta per quelle iscritte per la prima volta a partire dal bilancio relativo all’esercizio in corso alla data di entrata in vigore del decreto. Resta, invece, ferma la possibilità di trasformare in crediti d’imposta la quota di Dta iscritta nei bilanci precedenti (...)».

Dovrebbe quantomeno essere pacifico che la rimodulazione non riguardi gli avviamenti che al 31 dicembre 2017 presentavano disallineamenti causati solo da variazioni in aumento operate a partire dall’esercizio in corso al 27 giugno 2015. Inoltre, nel caso in cui i disallienamenti alla fine dell’esercizio 2017 siano in parte causati anche da variazioni operate in esercizi precedenti al 2015 (usando il criterio Fifo per la stratificazione, in analogia con le indicazioni riportate nelle circolari 37/E/2012 e 17/E/2014), dovrebbe essere ammesso applicare la rimodulazione solo alla parte di residuo da ammortizzare proporzionalmente corrispondente ai disallineamenti prodotti ante 2015. Ma, contrariamente a quanto sembra affermare la risposta dell’Agenzia, alle stesse conclusioni si dovrebbe giungere anche se, sui disallineamenti sorti fino all’esercizio precedente a quello in corso al al 27 giugno 2015, non sia stato possibile iscrivere in tutto o in parte Dta, non essendovi ragionevole certezza del loro futuro recupero.

Per questi aspetti, e per quelli già sopra indicati, sarebbe auspicabile una circolare dell’agenzia delle Entrate che, organicamente, affronti la tematica, cercando di evitare nel limite del possibile che una norma – quella della conversione delle Dta in crediti d’imposta – sorta come meramente facoltativa per le imprese non bancarie e finanziarie si traduca, con riguardo alla rimodulazione degli ammortamenti, in una penalizzazione “senza via di fuga”.

Individuati gli ammortamenti residui assoggettati alla rimodulazione si deve mettere in pratica il nuovo pano d’ammortamento. In pratica, tenendo conto dell’ulteriore modifica introdotta con la legge 160/2019, si tratterebbe di dedurli secondo il seguente piano:
2018: 0%; 2019: 0%; 2020: 3%; 2021: 10%; 2022: 12%; 2023: 12%; 2024: 12%; 2025: 13%; 2026: 13%; 2027: 13%; 2028: 6%; 2029: 6%.

Ma il comma 1079 contiene anche un ulteriore limite alla deduzione, la cui formulazione non è chiarissima. Dispone infatti che «restano ferme le quote di ammortamento previste precedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, se di minore ammontare rispetto a quelle rideterminate in base alla disposizione del primo periodo; in tal caso, la differenza è deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2029».

In ogni anno si deve confrontare l’ammortamento che sarebbe stato dedotto seguendo il piano originario con quello calcolato con il piano rimodulato e dedurre il minore dei due importi, riportando l’eccedenza all’esercizio 2029. Ovviamente il differimento della deduzione non può riguardare gli ammortamenti già rimodulati da dedurre dopo il termine del piano d’ammortamento originario.

Il caso e la (possibile) soluzione
Ecco una possibile interpretazione della rimodulazione del piano d’ammortamento, riferito a un caso di avviamento di 1.000, iscritto nel 2010, riconosciuto fiscalmente in assenza di affrancamento, ammortizzato civilisticamente in dieci anni e fiscalmente (secondo il piano originario) in 18 anni, e ancora in corso di ammortamento nel 2017.
L’ammortamento complessivamente effettuato in bilancio al 31 dicembre 2017 ammonta a 800; quello fiscale a 444,44. Vi sono quindi i presupposti per l’iscrizione di Dta convertibili essendovi un disallineameto di 355,56 (800 – 444,44). Al 31 dicembre 2017, l’avviamento non ancora ammortizzato fiscalmente ammonta a 555,56 (1000 - 444,44).
Nell’esempio si adotta la scelta prudenziale di applicare la rimodulazione all’intero importo di 555,56 e non alla quota proporzionalmente imputabile a disallinementi prodotti prima dell’esercizio in corso al 27 giugno 2015.

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